
«Se pensiamo solo a riarmarci mentre intere aree del pianeta non riescono a mangiare, qualcosa non torna». A ben vedere, sempre di sicurezza di tratta. Da una parte c'è la necessità di una difesa comune, dall'altra l'urgenza di garantire un adeguato accesso al cibo attraverso la via dei campi. L'una non esclude l'altra. Il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, lo ha rimarcato ieri, rispondendo alle domande del Giornale durante l'annuale convegno sul Made in Italy organizzato a Verona dal quotidiano fondato da Indro Montanelli in collaborazione con il settimanale economico Moneta. «Non sono contrario al riarmo europeo ha spiegato Prandini ma ci sono anche altre priorità che vanno parimenti considerate. Penso ad esempio al nostro rapporto con l'Africa, dove quello dell'accesso al cibo è un tema decisivo e persino uno strumento di pace. Dobbiamo pensare a una strategia globale per quei Paesi che tramite l'agricoltura possono crescere, e dobbiamo farlo prima di colossi come Cina e Russia». E qui Prandini ha apprezzato la rotta italiana del Piano Mattei. «Va nella direzione giusta, questo approccio andrebbe però condiviso da tutta l'Europa». Intervistato dal vicedirettore del Giornale e direttore di Moneta, Osvaldo De Paolini, il numero uno di Coldiretti ha quindi fatto le pulci proprio alla governance Ue, che sull'agroindustria ha in parte rivisto alcuni orientamenti ideologici del passato, ma senza rinunciare al dirigismo di palazzo. «Purtroppo a governare sono ancora gli eurocrati e su certe decisioni i commissari nazionali non stanno avendo voce in capitolo», ha bacchettato Prandini, apprezzando però il fatto che molti Paesi abbiano iniziato a farsi sentire. Il problema è ancora una volta l'eccessiva burocrazia: «Certe norme sono respingenti. Un tempo, ad esempio, la manutenzione degli argini dei fiumi e dei boschi la facevano gli agricoltori. Ma se oggi un agricoltore pota un albero pericolante senza appositi passaggi burocratici, viene denunciato. E perciò nessuno lo fa». Da qui il tema della pianificazione, per gestire i cambiamenti climatici non come un'eterna emergenza ma come una sfida da affrontare con la tecnologia e l'innovazione. Su questo fronte ha argomentato Prandini il nostro governo può avere un ruolo abilitante. «Un cambio di passo molto positivo è stato già impresso e va riconosciuto, ma l'Agricoltura 5.0 va migliorata, c'è ancora troppa burocrazia». In gioco c'è pure la competitività, tema a sua volta legato a quello della reciprocità. «Non siamo contro gli accordi europei di libero scambio, ma attenzione ai passi falsi come il Mercosur, che non è equo e può penalizzare il nostro export», ha chiosato Prandini al riguardo.
Non è infine mancato un passaggio sui dazi americani. «Dobbiamo evitarli non con lo scontro, ma con l'interlocuzione. Nei prossimi anni gli Usa possono diventare il mercato più importante per le nostre esportazioni. Più della Germania».