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Bufera sul procuratore Rossi: mai mentito su papà Boschi

Il pm di Arezzo scrive al presidente Casini e mostra il verbale dell'audizione: non ho negato fosse indagato

Bufera sul procuratore Rossi: mai mentito su papà Boschi

Dall'assist fornito a Matteo Renzi su Banca Etruria sostenendo davanti alla Commissione d'inchiesta sulle banche che il padre della sottosegretaria alla presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi non è imputato per la bancarotta dell'istituto, allo scivolone di un'audizione «monca» nel corso della quale ha tralasciato di dire che babbo Boschi è invece indagato in un altro filone per falso in prospetto e accesso abusivo al credito aperto dopo le sanzioni comminate dalla Consob agli ex amministratori della banca aretina. In soli cinque giorni il procuratore di Arezzo Roberto Rossi è passato dall'altare alla polvere e il Pd si ritrova a fare i conti con l'effetto boomerang della sua prematura esultanza nello scaricare su Bankitalia le responsabilità del crac.

Per non aver informato la commissione della nuova inchiesta a carico dell'ex vicepresidente di Banca Etruria, Pier Luigi Boschi - indagato insieme ad altre 20 persone tra cui altri 13 membri del cda di Banca Etruria per la vendita di obbligazioni rischiose a clienti che non avrebbero avuto il profilo per acquistarle - il procuratore Rossi, già in passato nel mirino per un sospetto conflitto di interessi essendo stato consulente giuridico del governo Renzi, rischia adesso di finire davanti al Csm. Ma il magistrato non ci sta e respinge quelli che considera «addebiti gravemente offensivi» nei suoi confronti in una lettera al presidente della Commissione, Pier Ferdinando Casini, in cui spiega di aver risposto correttamente a tutte le domande, senza nascondere nulla sulla posizione di Boschi, e di aver annuito quando gli è stato chiesto se lui o altri potessero essere indagati. «Ho anzi chiarito - aggiunge - che la sua esclusione riguardava il processo per bancarotta in corso, mentre per gli altri procedimenti, a domanda, ho precisato che non essere imputati non significava non essere indagati. Null'altro mi è stato richiesto in merito. E non appena mi sono state fatte domande sull'ipotesi di falso in prospetto, ho chiesto la secretazione dell'audizione in quanto vi sono indagini preliminari sul punto. Le domande in merito hanno riguardato i fatti oggetto di indagine e non le persone iscritte nel registro degli indagati». «Una risposta chiara ed esauriente» per Casini. Ma non per la politica, che mette all'angolo il magistrato per dimostrare come l'esecutivo Renzi potrebbe aver giocato sulla questione banche una partita dai contorni non del tutto chiari. «Ormai quella gente non ha più alcuna credibilità, quindi rinunci a voler governare ancora questo paese perché la loro parola non vale più», attacca il candidato premier M5s, Luigi Di Maio. Anche sul blog di Grillo se ne parla: «Il Pd prima usa le banche per coltivare potere e clientele, poi quando le ha scassate lascia sul lastrico i risparmiatori». Il senatore di Idea, Andrea Augello, chiede invece di trasmettere al Csm i verbali dell'audizione e la lettera a Casini e che Rossi venga risentito in commissione. E non è l'unico. Anche il vicepresidente della Commissione, Renato Brunetta (Fi), vuole una nuova audizione. Idem il Pd, con il senatore Andrea Marcucci che oggi chiederà a Casini di riconvocare Rossi. «Basta leggere le carte per rendersi conto che anche sull'audizione del pm di Arezzo si tenta la strada della disinformazione. Il ridicolo disegno dei Cinque Stelle è far credere che tutti i problemi delle banche si chiamino Etruria», dice Francesco Bonifazi, tesoriere del Pd, nonché ex flirt della Boschi e socio di uno dei suoi fratelli in uno studio tributario milanese. Il 15 dicembre, intanto, è in programma l'audizione in Commissione del governatore di Bankitalia Ignazio Visco, prima di lui, il 14, toccherà al presidente Consob, Giuseppe Vegas.

Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan è atteso il 18 o il 19.

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