Bugie, trucchi e flop ma nessun piano. Le accuse dei pm ai vertici della Sanità

Autovalutazioni sballate, misure vetuste e approssimazione: cosa dicono le carte

Bugie, trucchi e flop ma nessun piano. Le accuse dei pm ai vertici della Sanità

Il ministero della Sanità ha mentito ai pm e all'Europa sul piano pandemico del 2006. L'ipotesi, già avanzata nei giorni scorsi dal Giornale, viene confermata dai dubbi degli inquirenti su una serie di documenti che non collimano con le risposte dei dirigenti del ministero della Sanità ai pm di Bergamo che indagano per epidemia colposa. Il riferimento è ai test di autovalutazione che l'Italia ha mandato alla Ue sulla capacità di resilienza del nostro Paese di fronte a una eventuale pandemia. Un documento del 2017 che Il Giornale ha avuto modo di consultare, le cosiddette «autovalutazioni» triennali obbligatorie inviate dall'Italia alla Commissione europea, firmato da una funzionaria del ministero della Salute, ci sono alcune affermazioni sulla cui veridicità gli inquirenti hanno molti dubbi: si dice che l'Italia aveva una chiara catena di comando e relative deleghe, si parla di stoccaggio strategico di scorte, materiali e impianti, si riferisce l'esistenza di un Comitato nazionale responsabile del coordinamento, eccetera. E si afferma che il piano pandemico del 2006 è stato aggiornato. «Perché allora l'Italia non aveva scorte e dispositivi di protezione individuali? - commenta con un'agenzia di stampa il direttore di Anagenesis Pier Paolo Lunelli, ex generale dell'Esercito oggi a capo del Centro di ricerca e monitoraggio di pianificazione pandemica Anagenesis, a cui fanno riferimento anche i familiari delle vittime della Bergamasca - Se esisteva un Piano di continuità operativa», che prevedeva come tenere aperti centri sanitari, strutture pubbliche, aziende, tlc e logistica «perché queste misure non state attuate nell'emergenza Covid-19? E perché quello del 2009 non era in Gazzetta Ufficiale?».

Di bugie sul piano pandemico deve rispondere anche il direttore aggiunto dell'Oms Ranieri Guerra, indagato per false dichiarazioni ai pm. Secondo Lunelli «chi ha compilato il questionario non aveva piena contezza e comprensione dei contenuti e dei rilievi dottrinali. In sintesi, così come abbiamo mentito sul questionario dell'Oms abbiamo ingannato anche la Ue», dice Lunelli. Anche nel famoso report curato dai ricercatori di Venezia guidati da Francesco Zambon, poi sparito su pressioni di Guerra, il piano pandemico italiano era datato 2006, tanto che in una delle email a Zambon del direttore vicario, mandate in onda da Report lo scorso novembre, Guerra chiedeva a Zambon di trasformare la frase «ultimo aggiornamento dicembre 2006» in «ultimo aggiornamento dicembre 2016»: «Devi correggere subito, non fatemi casino su questo scriveva ancora Guerra l'11 maggio 2020 non possiamo essere suicidi (...) Adesso blocco tutto, così non può uscire. Evitate cazzate. Grazie e scusa il tono. Ranieri». Già, perché da ex direttore generale per la Prevenzione del ministero della Salute dal 2014 al 2017 il piano avrebbe dovuto prevederlo Guerra, e invece non c'era. Come non c'era, altro elemento su cui la Procura guidata da Antonio Chiappani si è interrogata, mancano anche le autovalutazioni da mandare alla Ue nel 2014-2017, sempre a carico di Guerra, mentre come abbiamo visto il test destinato alla Ue per il 2017 è pieno di falle.

Insomma, scoppia la pandemia e l'Italia non ha in mano nulla. Come emerge da alcuni verbali, il 29 febbraio il governo non sapeva nemmeno, e lo chiede alle Regioni, il numero di posti letto disponibili in terapia intensiva e quelli in pneumologia. Ma legittimamente il ministro della Salute Roberto Speranza e il governo di Giuseppe Conte puntano su una narrazione rassicurante. «Tutto a posto». Peccato che il 21 aprile il direttore generale della Programmazione sanitaria Carlo Urbani si lasci scappare sul Corriere della Sera l'esistenza il 20 gennaio di tre scenari di cui uno «troppo drammatico per essere divulgato» e di un «piano secretato». Il Piano pandemico? Forse. Da una lettera che un infuriato Speranza scrive a Urbani, anche questa agli atti, si spiega che gli scenari e il «piano» di cui Urbani parla sono un mero documento di studio, non validato da alcun soggetto pubblico. Carta straccia, con cui si cercava di fermare il Covid. Altro che «risposte immediate e concrete» come si bullava il ministro, nella lettera, in tv e alle Camere.

L'unico «piano sanitario» è quello partorito solo il 4 marzo, in piena emergenza, come ha scoperto - dopo essersi rivolto al Tar - il deputato Fdi Galeazzo Bignami che ora chiede la testa di Speranza con una mozione di sfiducia. Un mucchio di belle intenzioni che non hanno impedito 115mila morti e un'economia in ginocchio.

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