"C'è speranza di pace". La sinagoga di Milano ricorda vittime e ostaggi

Meghnagi critica Sala: "Un'idiozia togliere il gemellaggio con Tel Aviv2

"C'è speranza di pace". La sinagoga di Milano ricorda vittime e ostaggi
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"Promettiamo che la memoria di tutte le persone assassinate nella strage del Nova Festival il 7 ottobre 2023 non sarà dimenticata". È iniziata così la cerimonia di commemorazione del 7 ottobre alla sinagoga di via Guastalla di Milano. "Ringrazio i politici presenti", esordisce il presidente della Comunità ebraica Walker Meghnagi - ci sono i consiglieri comunali Alessandro Verri della Lega, Gianmaria Radice e Daniele Nahum dei Riformisti, Enrico Marcora di FdI, la presidente del Consiglio comunale Elena Buscemi, il vicepresidente di Regione Lombardia Marco Alparone - consapevole che è grazie al centrodestra e al premier Giorgia Meloni "che a tenuto la barra dritta", se l'Italia ha costruito la pace "che altri invece vogliono distruggere, rifiutando l'Ambrogino, respingendo il gemellaggio con Milano se sopravvive anche quello con Tel Aviv. Abolirlo sarebbe un'idiozia", dice Meghnagi ai giornalisti presenti.

L'immancabile cornice di poliziotti e carabinieri rassicura, dietro di lui in fila ci sono almeno 600 persone, il dissidente iraniano Ashkan Rostami, in Italia da 10 anni ci sorride: "Presto in Iran cambierà tutto". Qualche minuto prima il composto flash mob dell'Unione giovani ebrei d'Italia ha ricordato gli ostaggi liberati e soprattutto le vittime del 7 ottobre, in mezzo ai cartelli dedicati agli ostaggi liberati con la scritta Welcome back c'era anche Nadav Morag, uno dei sopravvissuti al 7 ottobre, "salvato" dall'eroismo della 25enne Shany Gabai, trovata morta molti giorni dopo, come ricorda la madre della ragazza che stringe forte la sua foto. Non c'è posto per l'eco della piazza di Udine, che martedì urlava all'annientamento di Israele.

Davanti al presidente della Fondazione Memoriale della Shoah Roberto Jarach e al vicepresidente dell'Unione delle comunità ebraiche d'Italia Milo Hasbani è intervenuto anche il rabbino capo Rav Alfonso Arbib che si è addolorato per "la scarsa empatia per le vittime del 7 ottobre" da parte di una fetta dell'opinione pubblica. Colpa anche di una narrazione avvelenata, dei giornali che ridimensionando l'accordo di pace voluto da Donald Trump che porta "il 15% degli italiani a giustificare l'eccidio firmato da Hamas".

Qualcuno ricorda il clima che anticipò l'eccidio al Ghetto di Roma del 1982, quando la Buscemi parla di "due popoli, due Stati" parte qualche mugugno dai banchi della sinagoga, qualcuno evoca il sindaco ("Dov'è Giuseppe Sala?") tutto rientra con l'applauso al racconto di Morag, intervistato dall'ex direttore di Repubblica Maurizio Molinari.

"Questi rigurgiti del passato non ci spaventano più, la strada per la pace è tracciata", ci dice simpaticamente uno dei tanti ebrei milanesi in fila.

Parole di speranza come quelle pronunciate da Rav Arbib, che parafrasando il lamento del profeta Ezechiele per il popolo d'Israele in esilio ("Le nostre ossa sono inaridite, siamo perduti") ammonisce i presenti: "No, la speranza non è perduta".

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