Caccia all'uomo nel Pd dopo il flop adozioni gay

Cirinnà contro i cattodem che hanno affossato la legge: "Pago la guerra tra renziani". Poi smentisce, ma il partito ormai è nel caos La minoranza: senza stepchild addio unità

Caccia all'uomo nel Pd dopo il flop adozioni gay

Altro che time out, come ha chiesto Matteo Renzi. All'indomani dello stop subito in Senato sulla legge per le unioni civili, nel Pd i nervi sono a fior di pelle.Ci mancava solo l'intervista («rubata» dal cronista del Corriere della Sera, si lamenta lei) a Monica Cirinnà per arroventare gli animi. La relatrice del ddl ce l'ha, comprensibilmente, con quel gruppetto di cosiddetti «cattodem» - da Lepri a Corsini a Emma Fattorini - che hanno tenacemente boicottato la legge, mettendo zeppe di ogni tipo. Ne salva alcuni (quelli che vengono dai Ds come Migliavacca e Sposetti, guarda caso, e che più che altro contrastavano la legge in odio a Renzi), ma con altri è spietata: «Pago la guerra tra renziani, le delusioni di chi, e sono tanti, nutriva aspettative nell'ultimo rimpasto di governo. Stavano aspettando un premietto, una consolazione: chi voleva guidare una commissione, chi avrebbe voluto diventare sottosegretario... Pago le porcate che mi hanno fatto i renziani in guerra».Parole che sembrano dette apposta per scatenare la caccia all'uomo: chi sono questi «renziani delusi» dal Capo, che peraltro ha perso decisamente la pazienza con loro ed è sbottato in un «hanno veramente esagerato»? L'intervista ha scatenato un putiferio nel gruppo Pd al Senato, il presidente dei senatori Luigi Zanda è stato costretto ad intervenire per richiamare all'ordine la Cirinnà furiosa, accusandola di diffondere «insinuazioni infondate» e richiamando tutti ad un «supplemento di responsabilità» e ad un'indispensabile «coesione». Interviene anche il renziano doc Marcucci: «Di tutto abbiamo bisogno meno che di giudizi sommari e di sbalzi d'umore, serve un partito unito che porti all'approvazione di una legge storica». Monica Cirinnà smentisce gli attacchi ai cattodem renziani: «Io non faccio politica così, non sto nelle stanze dei bottoni, non so nulla di trame, incarichi, nomine», assicura. E spiega di avere un «ottimo rapporto» con Rosa Maria Di Giorgi, che era il primo nome sulla sua lista nera e che è stata in questi giorni la pasdaran più presenzialista contro la legge. Una renziana della «prima ora», fiorentina, assessore di Renzi sindaco ma oggi - secondo i maligni del Pd - non soddisfatta di un ruolo da semplice senatrice mentre altri, con meno esperienza politica di lei, sono diventati ministri di primo piano. Vedi Maria Elena Boschi, che la senatrice ha attaccato aspramente nell'ultimo vertice Pd dedicato alle unioni civili: gli strilli, raccontano, si sentivano da fuori. Fatto sta che la Di Giorgi, oggi pasionaria anti-unioni civili, in due anni ha radicalmente cambiato idea sulla stepchild adoption: nel 2013 era stata firmataria di un progetto di legge che la sosteneva, oggi la denuncia come sterco del demonio.Se non bastassero i cattoliconi, anche la sinistra Pd («quella che continua a ragionare come se in Senato avessimo i numeri», li bolla Renzi) alza la voce, mette paletti e detta ricette: i Giovani Turchi danno l'altolà sulle adozioni: «Se si stralciano, si mina l'unità del Pd».

E i bersaniani, con Roberto Speranza, tuonano: «La Stepchild è irrinunciabile, mi aspetto da Renzi la stessa determinazione avuta su Italicum e Jobs Act». Provvedimenti, peraltro, che loro non votarono, gli fa notare il senatore Salvatore Margiotta: «Quindi auspicate la medesima vostra autonomia per i dissidenti?», chiede ironico.

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