Politica

"Sì alle barriere lungo il confine". Così Weber sfida il tabù Ue sui muri

Il presidente del gruppo parlamentare del Ppe in Europa si è schierato a favore della costruzione di un muro anti migranti tra i Paesi Baltici e la Bielorussia

"Sì alle barriere lungo il confine". Così Weber sfida il tabù Ue sui muri

Il muro anti migranti lungo i confini con la Bielorussia si può fare. A dirlo non è un esponente “populista” o di un partito tradizionalmente favorevole alla linea dura sull'immigrazione. Al contrario, ad esprimere questa posizione è stato nelle scorse ore Manfred Weber, presidente degli europarlamentari del Partito Popolare Europeo (Ppe).

Per il gruppo del Ppe al Parlamento europeo – ha dichiarato Weber in un'intervista su Politicoè molto difficile capire perché l'Ue non possa finanziare una recinzione fisica lungo il confine con la Bielorussia”. Una linea diversa da quella del presidente della commissione, Ursula Von Der Leyen, la quale più volte nei giorni scorsi si è espressa contro la costruzione di muro lungo le frontiere esterne.

Secondo Weber occorre fermare l'immigrazione illegale figlia del ricatto politico attuato dalla Bielorussia. “C'è una guerra ibrida in corso, non dovremmo essere ingenui – ha dichiarato l'esponente del Ppe – Si tratta di difenderci e assicurarci di decidere chi può entrare in Europa e non il dittatore Lukashenko”. In effetti il 2021, sul fronte migratorio, è stato caratterizzato da una decisa impennata di ingressi dal confine bielorusso. A piangerne le conseguenze sono state soprattutto le repubbliche baltiche, Lituania e Lettonia in primis, oltre che la Polonia. I governi locali non hanno mai subito alcuna pressione migratoria e si sono trovati impreparati nel gestire l'emergenza. Nel 2020 erano entrati dalla Bielorussia circa 80 migranti, dal primo gennaio di quest'anno il numero ha abbondantemente superato quello delle quattromila unità.

Tutto questo potrebbe essere figlio delle diatribe tra l'Ue e la Bielorussia, nate dopo la rielezione di Lukashenko considerata da Bruxelles viziata da brogli elettorali. A rendere ancora più precari i rapporti tra le parti è stato il dirottamento, operato dall'aviazione di Minsk, di un aereo Atene-Vilnius nel proprio territorio per arrestare una presunta dissidente. Come reazione alle sanzioni paventate dall'Ue, Lukashenko ha iniziato ad aprire i confini con i territori comunitari.

La posizione di Weber appare tanto logica quanto però, al tempo stesso, sorprendente. Quando nel 2016 più di mezzo milione di siriani hanno varcato i confini europei dalla Turchia, si è preferito sborsare più di tre miliardi di Euro all'anno a favore di Erdogan per evitare nuovi ingressi. E sempre lungo i confini esterni con la Turchia, quando nel 2020 la Grecia ha risposto sigillando le frontiere a un nuovo ricatto di Ankara il governo di Atene è stato criticato e messo sotto accusa per possibile respingimenti illegali.

Anche Spagna e Italia, al semplice cenno relativo alla costruzione di barriere o all'irrobustimento dei controlli, sono state negli anni costantemente bersagliate. Il problema doveva essere subito dai Paesi orientali e settentrionali per veder cadere il tabù relativo ai muri. Peraltro la posizione di Weber è in linea con quella di 12 Paesi, tra cui la stessa Lituania e Lettonia, che hanno chiesto a settembre all'Ue di finanziare la costruzione di un muro con la Bielorussia.

Forse il discorso travalica la questione migratoria e arriva a quella geopolitica. Lukashenko è uno stretto alleato del presidente russo Vladimir Putin. Fermare il capo di Stato bielorusso vorrebbe dire lanciare chiari segnali anche al Cremlino. L'Europa ha così riscoperto una seconda faccia, quella “rigida” verso i migranti.

Ma è un pugno duro uscito soltanto quando, al fianco dell'emergenza immigrazione, hanno iniziato a viaggiare in parallelo anche altri interessi.

Commenti