
Dare una casa a chi ne ha diritto ed è stato cacciato dalla camorra. Con un videomessaggio Giorgia Meloni lancia il piano per riqualificare Caivano e replica a suo modo alle polemiche sul decreto Sicurezza e alla bagarre sulle patenti antimafia. Lo fa parlando della periferia napoletana teatro di crimini agghiaccianti che lo Stato ha ripulito dai clan che dagli anni Ottanta l'hanno trasformata nella più grande piazza di spaccio d'Europa. «Abbiamo prima riportato la legalità, sgomberando da quelle case chi non aveva titolo a starci, e ora avviamo il percorso per rimettere a nuovo e in sicurezza 750 appartamenti», sottolinea la leader Fdi. L'impegno del governo sulle periferie presto si sposterà anche altrove, da Foggia a Reggio Calabria, altri «potranno contare su un presente e su un futuro fatto di decoro, bellezza, legalità e opportunità».
«Ci sono persone prigioniere in case dove ci sono infiltrazioni, con ascensori fuori uso. Riqualificare significa ridarci dignità», ricorda don Maurizio Patriciello, il parroco di Caivano che da anni invocava l'intervento dello Stato. Invano. Fino a quando il premier gli ha dato la giusta attenzione investendo 56 milioni, sciogliendo il Comune, mandando le forze dell'ordine coordinate dal prefetto Michele di Bari ad allontanare i pusher e gli abusivi prima di riqualificare tutto il quartiere. «Penso al centro sportivo Pino Daniele rifatto al posto di una discarica, ai vigili urbani in più, agli assistenti sociali mai visti prima, all'università a Caivano», ripete il sacerdote, abbandonato dalla solita antimafia ideologica che cerca di sminuire l'enorme impatto dopo 40 anni di abbandono e promesse a vuoto. «Lo Stato sta ritornando, sono onesto intellettualmente, come posso fare a non dire grazie adesso a Meloni?», si chiede il parroco, sotto scorta perché i camorristi sanno che senza di lui le tante passerelle di questi anni mai si sarebbero trasformate in presenza fissa. «Lo Stato c'è e si fa vedere», sottolinea don Patricello, ricordando anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella (a sorpresa) alla messa del 5 gennaio.
La svolta è arrivata due anni fa, quando tra le palazzine fatiscenti si consumò lo stupro di due cuginette di 10 e 12 anni da parte di un branco di minori che le aveva adescate sui social. Prima i bambini volavano dai balconi, con l'ombra della pedofilia e della baby prostituzione consumata davanti ai rampolli di camorra, in spregio anche all'antico codice che ha in odio gli orchi e chi sfrutta i bambini.
È facile parlare di Stato quando persino la videosorveglianza e l'illuminazione pubblica sono conquiste, quando i luoghi dell'orrore diventano 50mila metri quadrati tra parchi, piscina, campi da basket, tennis, padel e calcetto, realizzati dall'Esercito con i soldi del ministero dell'Economia sotto l'egida sportiva delle Fiamme Oro della Polizia.
Troppo, per i soloni che sulle Gomorra hanno costruito carriere e ambizioni mentre la camorra esibita risucchia corpi e coscienze e per la sinistra che sta con chi gli immobili li occupa abusivamente. Quando lo Stato torna a casa non c'è più spazio neanche per loro.