Calabria, il Tar boccia l'ordinanza. E il governo esulta per lo stop

Undici giorni dopo il via libera, tornano i divieti. Santelli: "È una vittoria di Pirro". Boccia: "Basta con i protagonismi"

Calabria, il Tar boccia l'ordinanza. E il governo esulta per lo stop

«A vevamo preparato anche le torte della Festa della Mamma, spendendo i soldi che non avevamo, e adesso dobbiamo chiudere». Alla fine sta qui, nelle parole di un barista di Cosenza, la traduzione pratica dello scontro frontale tra Regione Calabria e governo sulle misure coronavirus: scontro che riassume in sé la Babele di contrasti, di ordinanze diverse, di linee incompatibili con cui lo Stato ha dettato ai suoi cittadini le norme di comportamento davanti alla pandemia. Ieri il Tar dà ragione al governo di Roma: in Calabria i tavolini tornano fuorilegge, chi vuole consumare si accontenti dell'asporto o della consegna a casa. Fino al 18 maggio, quando la consumazione in loco diverrà lecita in tutta la Nazione col beneplacito del governo centrale.

Per undici giorni l'ordinanza liberista della Regione Calabria è rimasta in vigore, tra nove giorni tornerà di fatto in vigore. Per questo Jole Santelli, governatore, parla di «vittoria di Pirro» da parte del governo. Ma è chiaro che lo scontro era comunque cruciale perché toccava un punto chiave delle strategie anti Covid-19: la prevalenza del potere centrale sull'autorità locale, la visione d'insieme contro la visione del territorio. Per due mesi, le Regioni hanno fatto sentire la loro voce solo con ordinanze che erano più restrittive delle norme nazionali, fin qua andava tutto bene e questa facoltà - messa in campo sia in Piemonte che in Lombardia - non è mai stata messa in discussione. Il problema è sorto quando, sull'onda della flessione dei contagi, alcuni enti locali hanno voluto allentare autonomamente i vincoli stabiliti da Roma. Lo ha fatto la Calabria, lo ha fatto la provincia di Bolzano. In entrambi i casi, il governo ha deciso di non subire e ha presentato ricorso alla giustizia amministrativa.

E ieri Palazzo Chigi incassa una prima vittoria, con l'ordinanza del Tar calabrese che boccia l'ordinanza della Santelli con parole anche pesanti. I giudici amministrativi parlano di «chiara illegittimità» dell'ordinanza regionale, «di violazione da parte della Regione Calabria dei doveri di leale collaborazione tra i vari soggetti che compongono la Repubblica», di «eccesso di potere», di una decisione che avrebbe avuto bisogno di «una istruttoria articolata che nel caso di specie non sussiste». In pratica, il Tar accusa la Giunta regionale di avere sbloccato bar e ristoranti senza una analisi dettagliata dei rischi e dei benefici, facendo proprio il ricordo del governo centrale che liquidava come «illogica e irrazionale» la delibera voluta dalla Santelli.

Nel loro provvedimento, i giudici del Tar scrivono che prima di decidere la Regione Calabria avrebbe dovuto valutare insieme alle statistiche sui contagi altri fattori come la capacità di risposta del sistema sanitario locale o i rischi connessi alla prossima riapertura dei confini regionali. Dettagli a parte, è chiaro che nella contrapposizione tra territorio e governo centrale la sentenza di ieri segna un netto successo di quest'ultimo. Al punto che Licia Ronzulli, capogruppo di Forza Italia alla Camera, parla di «bullismo istituzionale». E Sergio De Caprio - meglio noto come Capitano Ultimo - assessore all'Ambiente della Regione Calabria, va giù ancora più pesante: «l'autoritarismo uccide la democrazia e il diritto alla autodeterminazione delle comunità. Il popolo si ama, non si domina».

Ma Francesco Boccia, ministro degli Affari regionali che aveva voluto il ricorso al Tar, ribatte: «Le sentenze e le leggi non si discutono ma si applicano. Non è la stagione delle divisioni, dei protagonismi e dell'individualismo».

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