Elezioni politiche 2022

Calenda vuole unire la sinistra ma ha già litigato con tutti

Ha insultato mezzo Pd, ma anche Renzi ("Vada in Arabia"), le «frattaglie» dei Verdi e Di Maio ("Chi è?")

Calenda vuole unire la sinistra ma ha già litigato con tutti

Il ruolo di unificatore delle sinistre (ma è disponibile anche a candidarsi come premier del centrosinistra, «se Draghi non può») poco si addice al carattere di Carlo Calenda. Al di là del curriculum non esattamente proletario, ex manager della Ferrari, quindi pupillo di Luca Cordero di Montezemolo in Confindustria, più che altro Calenda è noto per aver litigato praticamente con tutti nel centrosinistra. È anzi questo il suo marchio di fabbrica, infatti pesca soprattutto tra gli elettori delusi dal Pd o da Renzi o direttamente in quelli di centrodestra.

Il listone di Letta punta a rosicchiare voti al centro, e lì Calenda serve, ma anche a prendere quelli della sinistra-sinistra, e lì Calenda è deleterio. Perché con i partiti che lui chiama simpaticamente «frattaglie di sinistra», ovvero gli ex comunisti Fratoianni (Sinistra Italiana) o i Verdi, non c'è praticamente niente in comune a parte la disistima reciproca. E infatti Calenda lo ha detto chiaramente, come sua abitudine. «Se nella coalizione ci sono anche persone come Nicola Fratoianni o come Angelo Bonelli, che hanno marciato contro il rigassificatore di Piombino, di che parliamo?». Anche sul nucleare vanno in direzioni opposte. Per Calenda va rilanciato, per i Verdi ancora fermi all'incidente di Chernobyl è una «tecnologia fallimentare». Per Sinistra italiana il leader di Azione è una quinta colonna del capitalismo nemico delle masse lavoratrici. Quando Calenda sbuffò per l'ennesima accusa di essere un radical chic («persino Marx ed Engels erano più benestanti di me» ma nessuno ha mai fatto notare che «non potevano fare i comunisti»), Fratoianni gli precisò che «la contestazione che gli viene mossa non è quella di essere ricco (chi se ne importa, basta che paghi le tasse) ma quella di rappresentare e difendere gli interessi dei più ricchi». Sia lui di loro che i rosso-verdi di lui hanno detto: impossibile allearsi. Enrico, stai sereno.

Ma non è che litiga solo con questi, Calenda si è azzuffato con tutta la sua probabile coalizione elettorale. Altri alleati come Speranza? «Non ha mai gestito niente, non sa assolutamente nulla della sanità. E, senza neanche essersi seduto al ministero, dice pure: «Farò questo e quest'altro. Non è serio» fu il caloroso bigliettino di auguri di Calenda al segretario di Articolo Uno, appena nominato ministro della Salute nel Conte bis. Non si creda che il Pd lo faccia irritare di meno. Infatti nel partito di Letta molti lo detestano, tutta l'area di sinistra e poi quella che ha lavorato per l'asse con Conte, in testa Goffredo Bettini e l'ex segretario Nicola Zingaretti, che si è spesso lamentato («ogni volta che apre bocca mi insulta, eppure con lui ho un rapporto civile»). Calenda coltiva rapporti di disprezzo con una vasta area del Pd. Il governatore pugliese Emiliano? «Uno che fa dodici ricorsi per l'Ilva e li perde tutti è una sega come politico e una schiappa come magistrato». L'ex ministro Francesco Boccia? «Totalmente inetto, una persona non capace». Il sindaco di Roma Roberto Gualtieri (contro cui si era candidato)? «Con l'arrivo dei turisti la città è diventata uno schifo oltre ogni immaginazione. Pessimo inizio». Anche con Andrea Orlando, ora ministro, ha litigato su Twitter, l'arena preferita da Calenda. «Il fronte repubblicano va bene ai Parioli», scrive Orlando. «Sono fatti così: mai un contenuto o un'osservazione di merito. La questione è sempre sono più dèsinistra di te. #facciamocidelmale», replica Carlo Calenda.

Vabbè, andrà d'accordo con Renzi almeno. Macché. I due si sono punzecchiati spesso. «Di Renzi non me frega niente, è uno che dice A e fa B, dice che non sta con i 5s e poi si è alleato con loro in 23 Comuni. Faccia quello che gli pare, vada in Arabia Saudita, faccia il centro con Toti, Brugnaro, suo zio, suo cugino e suo papà. Noi facciamo un lavoro diverso». E non parliamo del suo giudizio sugli ex grillini, come Di Maio, che invece è nei pensieri e nei collegi di Letta. «Di Maio in un paese normale andrebbe preso a pernacchi. Letta gli va dietro. Sala voleva metterlo in galera, ora dice che non è male. Di Maio vada via a meditare sui casini che ha fatto», dice.

Mentre quando è in vena di gentilezze risponde solo «Di Maio? Non so chi sia».

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