Il calvario infinito di Dell'Utri Dopo l'ospedale torna a Rebibbia

Niente sconti all'ex senatore, afflitto da una grave infezione

Il calvario infinito di Dell'Utri Dopo l'ospedale torna a Rebibbia

Si era parlato di incompatibilità con il carcere per le sue precarie condizioni di salute. Ma alla fine, gira e rigira, Marcello Dell'Utri è di nuovo a Rebibbia. Dove era arrivato, direttamente dal carcere di Parma l'8 maggio, e dove è ritornato venerdì scorso. Unica differenza, l'ex senatore non è più in cella ma in infermeria e questo è tutto. Almeno per il momento. Ed è sempre un detenuto che deve scontare, in regine di alta sicurezza, una condanna a 7 anni per concorso esterno in associazione di stampo mafioso.

Dopo l'arrivo nella capitale, Dell'Utri era stato aggredito da una violenta setticemia, causata da un'infezione alle vie urinarie, e la sua salute era precipitata. Si era temuto per la sua vita e così si era reso necessario il ricovero in ospedale, al Sandro Pertini. Qui Dell'Utri è rimasto per quasi un mese finché non si è ripreso. Poi è tornato a Rebibbia.

In realtà, il quadro clinico non è dei migliori. L'uomo, che ha esattamente cinque anni in meno rispetto al Cavaliere, è ormai sulla soglia del settantacinquesimo compleanno. Ha problemi al cuore e alla prostata, è diabetico. E sta scontando una condanna arrivata dopo un procedimento interminabile, cominciato nel '94 e concluso nel 2014. Una situazione surreale.

Lui da sempre si proclama innocente, i giudici considerano provati i suoi rapporti con boss e padrini. Ma a rendere ancora più controversa la sua situazione, è il pasticcio che si è creato intorno alla sua sentenza: il verdetto di colpevolezza assolve infatti Dell'Utri per i fatti successivi al 1992. Questo in termini politici ha un valore altissimo perchè è fra il '93 e il '94 che nasce Forza Italia, partito che, secondo molti critici, avrebbe il peccato originale di essere venuto al mondo al crocevia di interessi e capitali di origine mafiosa. Una tesi suggestiva, esplorata da un labirinto di indagini nate l'una dall'altra in una successione inestricabile, ma spazzata via dal verdetto finale.

Non solo: l'amputazione temporale fa zoppicare la sentenza perché la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo ha spiegato, nella vicenda parallela e sostanzialmente sovrapponibile di Bruno Contrada, che prima del '94 il reato di concorso esterno non era codificato, meglio era troppo vago e dunque non contestabile.

Per questo gli avvocati hanno presentato un ricorso a Strasburgo che però cammina su gambe molto lente e verrà esaminato, con ogni probabilità, fra anni.

Nell'attesa hanno giocato un'altra carta - tecnicamente un incidente di esecuzione - davanti alla corte d'Appello che però l'ha respinta e si preparano il prossimo round in cassazione.

Nelle scorse settimane, si era ventilata pure l'ipotesi di una richiesta di grazia, poi il tema ha perso consistenza ed è caduto.

Ora, in attesa che il faticosissimo iter giudiziario riprenda fra Roma e Strasburgo, è probabile che i difensori richiedano una consulenza medica per verificare

in concreto la possibilità che il «prigioniero» sia scarcerato. Dopo una visita al Pertini, era stato il capogruppo di Forza Italia alla Camera Renato Brunetta a ventilare per primo, con il Giornale, «l'incompatibilità».

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