Elezioni politiche 2022

"Il campo largo? Non esiste già più". E il de profundis arriva dal Pd

C'è grande scetticismo tra i deputati dem sulla possibilità che si possa costruire un campo largo con personalità politiche che a stento comunicano tra loro

"Il campo largo? Non esiste già più". E il de profundis arriva dal Pd

“Il campo largo non esiste più. Ora è Letta che deve indicare la via…”. Per tutta la giornata di oggi, i democratici, discutendo tra i banchi di Montecitorio, hanno aspettato un segnale dal loro segretario. Che è arrivato solo in parte.

Stavolta è Enrico Letta che, ospite di Porta a Porta, dichiara di essere “abbastanza sereno” e di guardare più a ciò che avviene dentro il Pd piuttosto che quel che avviene tra i Cinquestelle. ''Credo che gli italiani più che su con chi ci alleiamo, sono interessati a quello che proponiamo'', ha detto a Bruno Vespa, evitando accuratamente di scegliere tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio.

In casa Pd, però, il tema delle alleanze tiene banco, soprattutto dopo che il deputato pentastellato Stefano Buffagni aveva ventilato l’ipotesi di uscire dal governo. Ipotesi subito smentita da Giuseppe Conte. "Via dal governo? Noi non abbiamo da chiarire ogni giorno quel che invece non è da noi mai messo in discussione”, ha detto il leader M5S. In caso contrario, si creerebbero non pochi problemi con il principale alleato, il Pd. “Noi, per quanto riguarda il campo largo, non poniamo veti a nessuno e continueremo a rivolgerci a tutti i progressisti, ma sarebbe grave se il M5S avesse una regressione, un ritorno al passato e uscisse dal governo”, avverte il deputato dem vicino alla corrente Base Riformista, Andrea Romano, parlando con ilGiornale.it. “Premetto che non sono il segretario del Pd, ma, per come la vedo io, chi smette di appoggiare il governo Draghi si pone fuori dall’alleanza di centrosinistra”, gli fa eco la deputata romana Patrizia Prestipino. Al momento, però, i democratici, fatta eccezione per il senatore Andrea Marcucci che tifa per Di Maio, non si espongono apertamente perché domenica ci sono i ballottaggi per le Comunali e fare un endorsement netto e chiaro nei confronti di Luigi Di Maio significherebbe indebolire ulteriormente il junior partner di un “campo largo” che è nato morto.

Sono tanti, anzi troppi, i protagonisti di questa alleanza che non solo hanno delle idee programmatiche divergenti, ma che provano anche delle forti antipatie personali l’uno per l’altro. Luigi Di Maio e Giuseppe Conte, ormai, non si parlano più. Carlo Calenda e Matteo Renzi, un giorno si alleano insieme e quello successivo a stento si sopportano. Dentro il Pd molti esponenti vedono ancora come fumo negli occhi un’alleanza con i renziani e la lista delle antipatie personali potrebbe proseguire a lungo. Se, dunque, Letta, per ora, agisce come Ponzio Pilato e attende l’evoluzione degli eventi, dentro il Pd si incomincia a mettere le mani avanti e, tra le righe, si fa intuire che una scelta, prima o poi andrà fatta, a meno che non cambi la legge elettorale. Una buona fetta dei democratici, infatti, tifa per il ritorno al proporzionale così da avere le mani libere sia da Conte sia da Di Maio. “Quello che è avvenuto in questi giorni dimostra ancora una volta che l’unico modo per uscire dall’impantanamento del sistema politico è il proporzionale”, spiega Fausto Raciti.

“Il campo largo? È un’opzione che è in campo dettata anche dall’attuale legge elettorale”, ribadisce Emanuele Fiano che non si scandalizza affatto per quanto è avvenuto dentro il M5S. “A pochi mesi dalle elezioni tutti i partiti sono in fermento. Basti vedere quel che è successo oggi, anche Coraggio Italia si è spaccato in due…”, dice il deputato milanese. Walter Verini guarda “con preoccupazione e rispetto il travaglio interno al M5S”, ma “in un momento come questo, - dice riferendosi al voto sulle risoluzioni alla vigilia del Consiglio d’Europa - la tenuta del governo viene prima di tutto”. Quanto alle alleanze, Verini si ispira più al “sogno Ulivo” che “all’incubo Unione” e dice: “Non si deve pensare al campo largo come a una somma di sigle. Il Pd, ora più che mai, è chiamato a elaborare un programma, una visione d'Italia e dell'Europa e chiamare al confronto tutte le forze progressiste e riformiste”.

In sintesi, se le varie forze troveranno un accordo di programma su temi come l’europeismo, il lavoro e i diritti civili, allora il “campo largo” di stampo ulivista prenderà vita (e non è detto che sarà lunga…). In caso contrario, “l’incubo Unione” è dietro l’angolo…

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