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Camusso e Landini bocciano l'intesa Pd sul Jobs Act

Il leader della Cgil: "Non ci pare che quella mediazione sia una risposta per mantenere la difesa dei diritti che noi facciamo". Landini: "Una presa in giro"

Camusso e Landini bocciano l'intesa Pd sul Jobs Act

Maurizio Landini e Susanna Camusso si abbracciano. Uniti, al corte Fiom partito da porta Venezia a Milano, contro il Jobs Act. I leader dei sindacati non si accontentano e sfidano il governo. Nonostante il Pd ieri abbia raggiunto un'intesa sulle modifiche alla riforma del lavoro e abbia riportato in vigore il reintegro per i licenziamenti disciplinari ingiustificati, Camusso e Landini tirano dritto.

E non importa se un esponente della minoranza democratica come Roberto Speranza battezzi l'intesa interna definendola una "sterzata verso sinistra", alla leader della Cgil non basta. "Non ci pare che quella mediazione sia una risposta per mantenere la difesa dei diritti che noi facciamo, c’è bisogno di un grande investimento pubblico che crei lavoro e rimetta in sicurezza il Paese, il governo Renzi si dovrebbe decidere a fare qualcosa anziché ridurre i diritti. Noi guarderemo sempre alle proposte, ma non ci pare che con qualche mediazione ci sia una risposta nel mantenere la difesa dei diritti come noi facciamo", ha detto il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, in testa al corteo a Milano. "L’abbiamo già detto e lo ripetiamo: non è un voto di fiducia che cambierà il nostro orientamento e le nostre iniziative", ha aggiunto la Camusso.

Dello stesso avviso Landini: "La possibile mediazione all’interno del Pd sul Jobs act è una presa in giro. Serve solo a quei parlamentari per conservare il loro posto, non serve ai lavoratori e alla difesa dei loro diritti. L’articolo 18 va esteso e mantenuto allargandolo anche a quelli che non ce l’hanno. La norma che prevede il reintegro e non solo l’indennizzo è una presa in giro che significa rendere più facili i licenziamenti. È una presa in giro, una sciocchezza pura. È un accordo fatto per garantirsi posti in parlamento non certo per tutelare i lavoratori«Forse la gente o i politici, impegnati in cene con gli imprenditori, non si sono accorti che i lavoratori sono presenti nelle fabbriche dove ci sono i licenziamenti e che le stanno presidiando da mesi per difenderle. Il problema è che il governo invece di fare le cene con gli imprenditori, sarebbe meglio ascoltasse i lavoratori".

In piazza con i sindacati anche Nichi Vendola. "Immaginare qualche correttivo di facciata non cambia la natura di un disegno di riforma del mercato del lavoro che fa della precarietà il proprio perno. Il lavoro torna ad essere una merce e il licenziamento diventa un diritto, non il lavoro.

Se salta la Cgil, il prossimo interlocutore di qualsiasi governo saranno i forconi", ha detto il leader di Sel.

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