Cronache

Cancellato il "mondo di mezzo". Carminati è fuori dal carcere

Libero il Nero: decorrenza dei termini. Bonafede manda gli ispettori. Gli avvocati: "È solo una questione tecnica"

I Carabinieri arrestano Massimo Carminati
I Carabinieri arrestano Massimo Carminati

È una sottile questione tecnica sollevata dalla difesa a dare l'ultima spallata a quel che rimane di Mafia Capitale e ad aprire le porte del carcere al quarto re di Roma, il «nero» di Romanzo Criminale, conosciuto come il «cecato». L'ex Nar Massimo Carminati - il principale protagonista dell'inchiesta Mondo di mezzo che nel 2014 ha scoperchiato i traffici illeciti di una banda di criminali, politici e imprenditori in vari settori amministrativi della città - è di nuovo libero. Una scarcerazione che fa discutere, sulla quale il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha avviato accertamenti.

In jeans e camicia, con mascherina sotto il mento e borsone in spalla, Carminati lascia il penitenziario di Oristano alle 13,30, in taxi, infastidito dai giornalisti che lo aspettano. Direzione Sacrofano, vicino Roma, dove 5 anni e 7 mesi fa era stato arrestato su disposizione della Procura per associazione a delinquere di stampo mafioso, un'accusa pesante che gli è costata anche il regime di 41 bis, il carcere duro riservato ai mafiosi, e 20 anni in primo grado. Ma nel corso dei processi l'aggravante di mafia è caduta, rendendo necessario il ricalcolo della pena, già in appello ridotta da 20 a 14 anni e mezzo. Un passaggio che è stato determinante per la sua liberazione, avvenuta per scadenza dei termini di custodia cautelare, legato ad un tema piuttosto articolato della giurisprudenza che si chiama «giudicato progressivo». Il fatto è che Carminati si trovava in carcere in custodia cautelare e non per una condanna definitiva e il ridimensionamento dell'accusa, stabilito dalla Cassazione, ha cambiato le scadenze delle esigenze cautelari, i cui termini sono scaduti. Così, davanti alle argomentazioni in punta di diritto della difesa, il Tribunale del Riesame non ha potuto fare altro che disporre la scarcerazione dell'ex Nar. «È uscito per decorrenza termini, è un automatismo. E anche qui è stata una battaglia, perché abbiamo subito tre ordinanze di rigetto basate su presupposti variegati e tutti evidentemente ritenuti infondati», spiega l'avvocato Francesco Tagliaferri. «Siamo soddisfatti che il principio di diritto che invocavamo, inspiegabilmente disatteso dalla Corte di Appello, sia stato, com'era inevitabile, riconosciuto dal Tribunale della Libertà», commenta il collega Cesare Placanica. Ma il Guardasigilli, già travolto dalle polemiche per la recente liberazione di alcuni boss, ha chiesto agli ispettori di via Arenula di verificare se ci si stata qualche anomalia. «Evidentemente il ministro Bonafede non conosce la vicenda processuale di Mafia Capitale. La scarcerazione di Carminati non consegue un cavillo, ma l'applicazione pedissequa del codice di procedura penale. Facesse le inchieste che vuole», la replica dell'avvocato Tagliaferri durante la trasmissione In Vivavoce.

Adesso Carminati potrà aspettare a casa da uomo libero l'udienza per il ricalcolo della pena, che a questo punto potrebbe essere più che dimezzata rispetto ai 14 anni precedenti, di cui ha già scontato 5 anni e mezzo. La prima condanna risale a tre anni fa: 20 anni, anche se era stata esclusa l'aggravante mafiosa, riconosciuta poi in appello. I giudici di secondo grado avevano comunque ridotto la pena a 14 anni e mezzo, sottoponendo il «cecato» al 41 bis. La Cassazione aveva ribaltato di nuovo tutto, tornando alla sentenza di primo grado e al riconoscimento dell'associazione a delinquere semplice, che ha portato al ricalcolo delle pene e di fatto all'annullamento della sentenza d'Appello. Felice per la scarcerazione Salvatore Buzzi, l'altro protagonista di Mafia Capitale.

Un'inchiesta che - dice ora l'ex re delle cooperative - «si è rivelata una montatura mediatico-giudiziaria».

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