«M aronna santa, aggio lassato 'o cane dint 'o bagagliaio». Racconta Luigi Bisignani nel suo bestseller «L'uomo che sussurra ai potenti» che, nel corso di un tesissimo interrogatorio sulla fantomatica spectre P4, Henry John interruppe tutto e corse nel parcheggio della Procura per recuperare dall'auto l'amato (e dimenticato) pastore tedesco. Forse non sarà vero, e Woodcock dice di non ricordarsene, ma la scenetta può starci tutta.
Da giovane, HJW avrebbe voluto fare lo stilista annotano gli agiografi. E la bravura e la stoffa per cucirsi il vestito di pm d'assalto non gli sono mai mancate. Nonostante una certa difficoltà a dimostrare, in sede processuale, le sue ardite ipotesi investigative; che sarebbe poi il lavoro per il quale è pagato. Per 15 anni, i giornali hanno fatto finta che andasse tutto bene e si sono occupati d'altro. Del suo amore per i piatti poveri di terra (prosciutto e mozzarella, caciocavallo) e per la frutta (arance, banane) per esempio. O del suo menù (fagioli e cozze, pasta e ceci) o ancora delle sue letture (Erri De Luca, Salinger, Camilleri).
Ai colleghi di Potenza Woodcock si presenta, nel 2000, con un paio di fascicoli che faranno storia nella città lucana: uno sulla Banca Mediterranea, che finirà in un nulla di fatto; e l'altro sui tesserini venatori rilasciati agli amanti della doppietta. Bisognerà aspettare qualche tempo però perché si apra la vera caccia grossa, quella giudiziaria. Il «Vipgate» (2003), «Iene2» (2004), «Somaliagate» (2005), «Savoiagate» (2006) partono tra fuochi d'artificio mediatici e finiscono spezzettati, per competenza territoriale, in mezza Italia per essere poi definiti con archiviazioni, proscioglimenti e assoluzioni a raffica. Gli indagati sono quasi sempre politici, uomini d'affari, meglio se noti alle cronache, starlette e abitanti dello showbiz.
«Noi che viviamo in tribunale disse pasolinianamente una volta Henry John siamo uomini fortunati perché, senza pagare il biglietto, abbiamo un posto in prima fila nel teatro della vita». Talvolta a pagare è però lo Stato, come nel caso di Vittorio Emanuele di Savoia e dell'ex sindaco di Campione Roberto Salmoiraghi, ai quali sono stati riconosciuti per ingiusta detenzione risarcimenti per 11mila e 40mila euro.
Da Potenza, il «pm biondo che fa impazzire il mondo» espressione coniata da un cronista fin troppo entusiasta delle sue gesta indaga a vuoto sulla massoneria, su Elisabetta Gregoraci, su Alfonso Pecoraro Scanio, su Franco Marini, su Nicola Latorre, su Maurizio Gasparri, su Francesco Storace, su Tony Renis e Anna La Rosa. Non si nega ai fotografi, quando capita. Esibendo con la stessa scioltezza il sigaro, il giubbotto di pelle e gli occhiali «Ray Ban» a goccia. I suoi biografi narrano che guida una Harley Davidson e una Yamaha 500 XT serie speciale. Quella di James Bond, per intenderci. A proposito di servizi segreti, nelle sue indagini ce n'è sempre un po' ma alla fine restano sulla sfondo come piante ornamentali. Ma fanno tanto scena.
Nel 2009, Woodcock decide di lasciare la Basilicata per trasferirsi a Napoli (sua prima scelta insieme a Milano, Palermo, Firenze, Trieste) dove oggi è sostituto procuratore della Dda. In quasi dieci anni va a caccia di «macchine del fango», giornalisti-spioni e tangenti internazionali tra Panama, il Sudamerica e casa Lavitola con risultati non sempre brillanti. Della P4 s'è detto: per il gip non esiste.
Identico flop quando nel 2010 indaga il direttore del Giornale Alessandro Sallusti e il vice Nicola Porro sul caso Marcegaglia. Arriveranno poi le inchieste sul generale Vito Bardi, indagato per due volte e per due volte prosciolto; e quelle su Finmeccanica e Fincantieri, su Silvio Berlusconi e Gianpaolo Tarantini.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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