Coronavirus

Canti dal balcone e yoga in salotto. A chi manca un po' il lockdown

Siamo tutti reduci (con un po' di nostalgia)

Canti dal balcone e yoga in salotto. A chi manca un po' il lockdown

S i stava meglio quando si stava peggio? D'accordo, è una provocazione (si dice sempre così, quando si vuol mettere le mani avanti, no?) ma sfidiamo chiunque di voi reduci del lockdown che ora sorseggiate uno Spritz sui Navigli con la cannuccia infilata sotto la mascherina (se l'avete) a non avere un po' di nostalgia canaglia per i due mesi di lockdown. Per le strade vuote che chi come noi è sempre andato al lavoro anche quando morivano 10mila persone al giorno attraversava senza nemmeno guardare il semaforo, tanto alla peggio passava un'ambulanza e a essere investiti era come il chilometro zero del soccorso.
Per le conferenze stampa delle 18, esempio di tv bulgara anni Settanta, camera fissa e personaggi che sembravano già una caricatura, niente tempi drammaturgici e tanti difetti di pronuncia, e poi numeri numeri numeri. Roba da spararsi, ma per noi era come la puntata finale della Casa di Carta.
Per le interpreti della lingua dei segni, promosse sul campo a sex symbol agibili nella loro muta austerità, perché ogni epoca ha i sogni erotici che si merita.
Per i Mameli cantati a squarciagola nel pomeriggio sui balconi, trasformati in Papeete verandati. Stringiamci a coorte, siam pronti alla morte (ma solo gli over 85, please).
Per gli «andrà tutto bene». Sicuri sicuri?
Per i virologi, gli epidemiologi, gli pneumologi. Loro, insomma.
Per l'indice di mortalità, l'R0, il numero di tamponi, che ci hanno trasformato in tanti Pitagora, noi che fino a ieri la parola teorema significava la canzone di Ferradini, che «prendi una donna, trattala male».
Per le penne rigate, che trattengono il sugo e sai quanto è importante trattenere il sugo durante una pandemia, ché nulla fila liscio, figuriamoci la pasta.
Per le autocertificazioni, stampate una versione dopo l'altra come fossero nuove versioni dell'iPhone (hai quella nuova?) che ci troveremo nelle tasche dei cappotti nei prossimi anni.
Per Zoom e gli aperitivi trasformati in consigli di amministrazione di Google.
Per i corsi di yoga, di pilates, per i plank fatti seguendo un tutorial, per il sudore a inzuppare i parquet e le moquette che mai ne avevano visto.
Per i single che invidiavano gli accoppiati e gli accoppiati che invidiavano i single.
Per i cani «pisciati» cinque volte al giorno da padroni sprezzanti delle reali esigenze urinarie del migliore amico del quarantenato.
Per le spese trasformate in flash mob, tutti in fila ben distanziati davanti all'Esselunga, in una mano la lista della spesa compilata dalla moglie, nell'altra il guantino.
Per il nostro sentirci reduci fin dal 12 marzo, quando ci raccontavamo in streaming le nostre vicissitudini tutte uguali, Robinson Crusoe spiaggiati sul divano.
Per la confortevole sensazione di poter rinviare ogni decisione, salvo una: penne rigate o penne lisce?
No, non si stava meglio quando si stava peggio.

Ma ogni peggio ha il suo meglio e ogni meglio ha il peggio, e se rimpiangiamo la cortina di ferro e i tg in bianco e nero, figuriamoci i «la ringrazio per la domanda».

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