Cronache

Caos gender nel Lazio. Salta la nota alle scuole dopo l'onda di proteste

La Regione: bagni ad hoc e nomi scelti dagli adolescenti trans. La retromarcia in serata

Caos gender nel Lazio. Salta la nota alle scuole dopo l'onda di proteste

Dura lo spazio di una giornata un documento choc della Regione Lazio sui gender. Si tratta di alcune linee guida inviate alle scuole con le quali si davano consigli su come trattare eventuali problematiche degli studenti relative al genere. Un papier che ha scatenato una bufera. Si parlava di modifica della carriera reale dello studente con l'assegnazione di una identità provvisoria, utilizzo di nomi scelti dallo studente (diversi da quelli di battesimo), uso di bagni e spogliatoi ad hoc per consentire agli «adolescenti transgender» di non utilizzare quelli divisi per genere. Un putiferio. Associazioni in difesa della famiglia in rivolta, bufera politica, indignazione. Risultato: il documento è stato ritirato, seppur con una motivazione tecnica e non di merito. Titolo del documento: «Strategie di intervento e promozione del benessere dei bambini e degli adolescenti con varianza di genere». Le indicazioni, contenute in un testo di 10 pagine, sono state inviate alle scuole di ogni ordine e grado della Regione Lazio, con i loghi dell'Azienda Ospedaliera S. Camillo Forlanini di Roma, che nel pomeriggio di ieri ha però preso le distanze. «È stato utilizzato, senza alcuna autorizzazione, il logo dell'Azienda». Ecco quindi l'appiglio per fare una retromarcia e ritirare il papier. Con la seguente motivazione: «Si apprende che l'istituto Metafora ha utilizzato, senza alcuna autorizzazione, il logo dell'Azienda abusando di un rapporto di convenzione in corso nella sua collaborazione con questo Ufficio scolastico regionale. La fiducia nel pedigree del documento non può che essere incrinata dal fatto di aver appreso che l'estensore avrebbe una affiliazione scientifica diversa da quella che era stata rappresentata a questo Ufficio».

Pure l'assessore alla Sanità della regione Lazio Alessio D'Amato sconfessa il plico: «Sono sorpreso su come sia stata possibile la diffusione alle scuole da parte dell'Ufficio scolastico regionale»

Il tema è quello del gender, delle teorie (molto controverse e dibattute) del «superamento del concetto di binarismo sessuale che prevede l'esistenza di solo due generi (maschile e femminile)» a favore di uno «spettro» o «identità di genere» più ampio. L'obiettivo delle linee guida è aiutare il personale scolastico a «gestire minori transgender» per «permettergli di seguire il percorso scolastico nel modo più sereno possibile». Ma anche di «creare, diffondere e preservare un ambiente di apprendimento sicuro, inclusivo e affermativo per tutti gli studenti». Nel documento, quindi, si indicano le «principali buone pratiche»: bagni ad hoc, l'eliminazione della casella maschio-femmina nella modulistica, uso di nomi indicati dall'adolescente.

Genitori e associazioni, sul piede di guerra, hanno chiesto al ministero dell'Istruzione «la sospensione dell'iniziativa prevista per l'inizio del prossimo anno scolastico».

A bocciare la proposta, Lega e Fratelli d'Italia del Lazio. Simona Baldassarre, medico, europarlamentare della Lega, ha chiesto l'immediato ritiro delle linee guida, perché «introducono la teoria gender nelle scuole indottrinando i bambini, sottraendo il primato dell'educazione alle famiglie».

L'iniziativa «potrebbe ledere in maniera quasi irrimediabile il percorso di crescita di qualsiasi adolescente alle prese con problematiche di questo genere», dice la consigliera regionale FdI, Chiara Colosimo. «La circolazione di queste Linee guida fa pensare ad una operazione di marketing culturale a basso costo», le fa eco la senatrice Udc, Paola Binetti. «Un'inaccettabile apertura sull'identità di genere», afferma Rossano Sasso, sottosegretario all'Istruzione.

Furiosi i genitori e le associazioni cattoliche prima della sospensione. «Invitiamo presidi e politica a fermare questa crociata nella scuola pubblica», afferma Chiara Iannarelli, vicepresidente dell'Associazione Articolo 26. Per Giusy D'amico, presidente dell'Associazione «Non si tocca la famiglia», «quello che è accaduto è di una gravità inaudita». Secondo il portavoce del Family Day Massimo Gandolfini è «un documento intriso di ideologia».

Si difendono i promotori.

«Prima di parlare a sproposito molti dovrebbero avere la bontà di leggerle», scrive l'Associazione famiglie GenderLens.

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