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Caos Superbonus 110%. Le banche in allarme

Entrate e Abi: requisiti da valutare bene per non essere corresponsabili delle possibili frodi

Caos Superbonus 110%. Le banche in allarme

Mentre imprese edili e privati cittadini cercano di rispettare le strette maglie per ottenere il Superbonus 110% - regole che avranno impatto su tempistica e complessità delle pratiche di cessione dei crediti - è l'Agenzia delle entrate a complicare ancora il quadro. Con una lunga circolare, datata 23 giugno, l'Agenzia delle Entrate chiede infatti alle banche la massima attenzione (in gergo tecnico una massima «diligenza») nel verificare i requisiti della cessione dei crediti, per evitare di figurare come possibili responsabili in solido degli eventuali illeciti ai danni del fisco. Una mossa che potrebbe apparire come l'ennesima stretta e che, secondo alcuni osservatori, potrebbe avere un impatto sulla tempistica e la complessità delle pratiche, a tutto svantaggio delle imprese e delle stesse banche.

Il problema, come evidenziato di recente dalla Guardia di Finanza, è che le frodi sui bonus casa sono arrivate a 5,6 miliardi: una somma monstre con cui si potrebbe per esempio dare un forte taglio al cuneo fiscale o sterilizzare gli oneri delle bollette per quasi due trimestri. E si parla solo delle truffe accertate.

È lo stesso ministro dell'Economia, Daniele Franco, a chiedere attenzione «nel tracciare i pagamenti connessi con la cessione di crediti fiscali per l'attività edilizia, dove sono emersi fenomeni illeciti molto importanti. Qui - prosegue Franco - è cruciale il recupero dei crediti illecitamente monetizzati e sarà importate il contributo che l'Uif (Financial Unit italiana) darà alla cabina di regia creata da Mef e Guardia di Finanza». Impegno primario che arriva appunto dall'Abi che sottolinea come «con riferimento ai profili di responsabilità in tema di utilizzo dei crediti, i fornitori e i soggetti cessionari rispondono solo per l'eventuale utilizzo del credito d'imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d'imposta ricevuto, salvo che non ricorra il cosiddetto concorso nella violazione» ossia «valutando il grado di diligenza effettivamente esercitato che, nel caso delle banche, deve essere particolarmente elevato e qualificato».

Al contempo si fa strada anche un'altra preoccupazione sull'evasione fiscale. «Su questo fronte si può e si deve fare di più per ridurre la pressione fiscale, oggi attestata al 41%, un dato oggettivamente elevato». Ha sottolineato il procuratore generale della Corte dei conti, Angelo Canale, citando, nella requisitoria di giudizio sul Rendiconto generale dello Stato 2021, «le classiche e diffuse» frodi carosello in tema Iva e quelle collegate al Superbonus. Gli fa eco il presidente di coordinamento sezioni riunite di controllo della Corte dei conti, Enrico Flaccadoro: «Le spese fiscali - ha detto - costituiscono una distorsione del prelievo, configurando in molti casi benefici non giustificati per gruppi specifici di soggetti e comportano una perdita di gettito rilevante. Alcuni punti di Pil sul piano dell'economia reale e meno sul bilancio pubblico».

Molto diversa la posizione del Codacons che ha presentato un esposto a 104 procure, Abi, Bankitalia e alla presidenza del Consiglio sul blocco del Superbonus. «Le banche più importanti, figurarsi le piccole, avrebbero esaurito i plafond e starebbero comunicando ai clienti di non poter più sottoscrivere nuovi contratti di cessione dei bonus.

Il rischio maggiore - scrive il Codacons - è che le imprese edili non riescano più a cedere i crediti fiscali acquisiti, soprattutto per lavori di una certa entità». Conti alla mano, riporta l'associazione, ben 33mila imprese rischiano di fallire e più di 150mila lavoratori potrebbero perdere il lavoro.

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