Il carabiniere testimone: "I miei commilitoni massacrarono Cucchi"

Casamassima e la moglie accusano: "Verbali falsificati". Ma ci sarebbero ombre su di lui

Il carabiniere testimone: "I miei commilitoni massacrarono Cucchi"

«È successo un casino, i ragazzi hanno massacrato di botte un arrestato: il maresciallo Roberto Mandolini me lo disse portandosi la mano sulla fronte e precipitandosi a parlare con il comandante Enrico Mastronardi della stazione Tor Vergata. Seppi da quella che è poi diventata la mia compagna, Maria Rosati, e che assistette al colloquio perché faceva da autista di Mastronardi, che stavano cercando di scaricare le responsabilità dei carabinieri sulla polizia penitenziaria. Lei capì il nome Cucchi, ma all'epoca non era ancora una vicenda nota perché non era morto». Riccardo Casamassima, carabiniere, come la compagna, alla stazione Tor Vergata, ha iniziato così la sua testimonianza, ieri, in prima Corte d'Assise, attaccando i cinque colleghi accusati per reati che vanno dell'omicidio al falso e alla calunnia.

L'uomo che ha fatto riaprire il processo ha deciso di parlare dopo tanti anni, a suo dire «perché all'inizio la vicenda Cucchi non mi aveva visto coinvolto in prima persona, ma troppe cose fatte dai miei superiori non mi erano piaciute, come l'abitudine di falsificare i verbali, e, provando vergogna per ciò che sentivo e vedevo, ho deciso di rendere testimonianza, temendo ritorsioni». Casamassima e la Rosati, nel corso dell'udienza, si sono contraddetti più volte, dicendo molti «non ricordo». I legali di Mandolini hanno fatto presente che i due non rammentano il luogo e l'ora in cui il colloquio avvenne e si apprende che avrebbero già pronta la documentazione che prova che l'assistito, nei giorni compresi tra l'arresto di Cucchi e la sua morte, non solo non andò mai alla stazione Tor Vergata, dove peraltro non era presente neanche il comandante Mastronardi, ma era impegnato in altri servizi. E spunta una storia, su cui anche il senatore Carlo Giovanardi fece un'interrogazione parlamentare e che ricollega Casamassima a Fabiola Moretti, compagna di Danilo Abbruciati, componente della banda della Magliana, dalla quale il carabiniere, che nonostante i numerosi episodi di rinvii a giudizio, denunce per stalking e molto altro è ancora in servizio, si dice chiaramente in diversi verbali del tribunale «si rifornisse di stupefacenti». Per Casamassima esiste un pressing da parte dei suoi superiori. «Quando è uscito il mio nome sui giornali - ha raccontato - i superiori hanno cominciato ad avviare contro di me procedimenti disciplinari, tutti pretestuosi. Con Mandolini mi sono incrociato una mattina nell'ottobre del 2016: gli dissi solo di andare a parlare col pm e a dire quello che sapeva. Gli dissi che la Procura stava andando avanti e che aveva in mano una serie di elementi importanti. Lui mi rispose che il pm ce l'aveva a morte con lui».

La sorella di Stefano Cucchi, Ilaria, a caldo ha commentato: «Per anni io e la mia famiglia abbiamo rincorso la verità, abbiamo atteso troppo. Ritengo che il principale responsabile di questa attesa sia il maresciallo Mandolini». Una verità che solo i giudici e non certo i processi mediatici potranno dire quale sia.

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