Lettere d'amore

Carissima Oriana, l'amore è un morbo aggressivo che non risparmia nessuno

Cara Oriana, leggo i brani delle tue lettere di cui sapevo l'esistenza pur ignorandone i contenuti, e scopro con stupore che appartenevi al genere umano, una persona con un corpo e un'anima (non immortale, suppongo), pertanto soggetta agli inconvenienti che accomunano uomini e donne, tra i quali le malattie, compresa la più dolcemente fastidiosa, capace di colpire esseri sani e dotati di formidabili sistemi immunitari: l'amore.

Già. L'amore è un morbo aggressivo. Chi ne è affetto è convinto di morirne; non immagina vi sia la possibilità di guarire e neppure di migliorare. Si crogiola addirittura nel proprio dolore, quasi godendo della sofferenza che esso provoca, lacerandogli il petto. I sintomi a volte sono insopportabili. La mattina, come ti svegli, sei assalito dal desiderio di lei (o di lui, non cambia); senti l'esigenza di parlarle, hai voglia - urgenza - di vederla.

Osservi il telefonino per verificare se la signora ti abbia inviato almeno un messaggio. Se il cellulare squilla, corri ansimando ad afferrarlo, guardi il display e, se non riconosci quel numero, sei afflitto dalla delusione.

Ancora. Se accendi la radio e ascolti qualsiasi canzonetta, inclusa la più cretina, ti ritrovi nelle parole: riflettono le tue emozioni.

C'è chi lo definisce forse più correttamente innamoramento, ma la sostanza è la stessa: stai male se non hai la certezza di essere ricambiato. Non c'è niente di più corrivo della passione: tutti, prima o poi, ne sono preda e provano lo stesso dolore retrosternale, un vuoto allo stomaco, un malessere che rattrista e toglie l'interesse per la vita quotidiana. A un certo punto hai la sensazione che le giornate, se non riempite dalla presenza dell'amata, trascorrano senza senso. Dicevo che non c'è niente di più corrivo della passione; eppure la nostra ci sembra immensa, inappagabile, atroce benché siamo consapevoli che il nostro tormento sia identico a quello patito da ogni individuo.

Oriana, il tuo sfogo (anzi, la tua supplica) nelle missive ad Alfredo, che era un giornalista noto (non quanto te), rivela una fragilità che non sospettavo tu, personaggio con la fama di dura, avessi. Mi fa piacere constatare che non sei diversa da coloro ai quali hai dedicato libri e articoli veementi, alcuni impetuosi come acque di un fiume straripante. È consolatorio verificare che persino chi ha una razionalità superiore, in fondo, conservi i caratteri della normalità in un campo, l'amore, tra i pochi, se non l'unico, che funge da livella, rendendo tutti vulnerabili.

In effetti, non si può dire che la natura sia democratica: gli umani sono diversi gli uni dagli altri; variano la loro statura, la loro intelligenza, i loro talenti. Ci sono i geni e gli stolti. Ma quando sono innamorati, all'improvviso spariscono le differenze: sono egualmente stupidi ed egualmente ispirati, folli. Chi è buono a nulla, diventa capace di tutto. Anche di umiliarsi. Uno scrittore di vaglia può trasformarsi in servile lustrascarpe.

Presto o tardi, l'amore passa e prevale il lato ridicolo di esso nel ricordo dei tempi in cui eri cotto e vedevi ciò che non c'era. Quando sei rinsavito ti rendi conto che forse non aveva torto Gianni Agnelli quando diceva: i sentimenti sono roba che lascio ai domestici: mortificano la dignità. Egli però trascurava che la dignità si ruba solo a chi ce l'ha. E che vale la pena di farsela portare via da una donna o da un uomo piuttosto che dal potere, benché il potere duri più a lungo.

Cara Oriana, Dio mio come ti assomiglio, nel peggio.

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