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Carminati riapre il caso Alibrandi «Fu fuoco amico»

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Roma C'è spazio anche per un retroscena inedito degli anni di piombo negli atti dell'inchiesta «Mondo di mezzo». Storie che vengono fuori dai racconti - intercettati - di Massimo Carminati, che al Bar Vigna Stelluti il 20 maggio 2013 rievoca episodi della sua militanza nei Nar. E rivela che a uccidere con un colpo alle spalle Alessandro Alibrandi nella sparatoria tra Nar e polizia al Labaro, il 5 dicembre 1981, non fu un poliziotto, come si credeva finora, ma qualcuno del commando in azione quel giorno.

In pratica Alibrandi, ricostruiscono i Ros commentando l'intercettazione, avrebbe iniziato la sparatoria «con l'equipaggio della volante nel momento in cui i compagni avevano già attraversato la strada e, per un caso fortuito, si erano trovati la visuale di quanto accadeva coperta da un mezzo pesante». Così i compagni di Alibrandi, «una volta uditi gli spari e aggirato l'ostacolo, aprirono istintivamente il fuoco all'indirizzo dell'autovettura di servizio, colpendo tuttavia il loro amico che pure aveva efficacemente contrastato e colpito i poliziotti».

Ed ecco in che modo Carminati racconta al bar la sua versione della sparatoria al Labaro. «Il cinque dicembre col fuoco amico... Lo hanno ammazzato i compagni stessi suoi (...) è successo al ristorante... Al ristorante gli hanno sparato (...) Che poi l'hanno ammazzato i tuoi, però è passato tra i compagni tuoi eh... Non è che... I poliziotti lui li aveva addobbati tutti e due!». Quindi il «cecato» illustra la dinamica per cui Alibrandi sarebbe stato colpito «per sbaglio»: «Praticamente lui stava dalla parte della strada... E gli altri avevano attraversato (...) È passato un camion in mezzo, una volante è uscita dal Labaro, è andata verso, diciamo, verso il raccordo, poi a un certo punto ha fatto retromarcia... (...) Come hanno sentito il botto... Ci stava il coso in mezzo, hanno fatto tutto il giro... Il tempo di fare il giro... Hanno cominciato a sparare addosso alla macchina... Lui che stava nascosto dietro la macchina... Lui che ha fatto? Nascosto dietro la macchina, capito?».

Carminati conclude ricordando che il dettaglio della morte per fuoco amico «a me me l'ha detto Lorenzo Lai che stava là... Peraltro non è mai uscita la cosa». E stigmatizzando il comportamento del resto del commando: «Lì loro sono saliti sulla volante e lui l'hanno lasciato là... Non lo dovevano lascia'...».

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