La smania di tassare il tassabile, e l'antico (e sinistro) vezzo di considerare il contribuente un nemico, travolgono il Pd. Giovanni Manildo dicono abbia dato letteralmente di matto quando il postino gli ha notificato la richiesta di saldare l'Imu: a lui, sindaco di Treviso, l'assessore alle Finanze del Comune di Treviso scriveva per sollecitare il pagamento dell'imposta su una casa venduta 9 anni fa. Una cartella pazza, come tante ne arrivano sempre più spesso in migliaia di famiglie. Ma a differenza degli anonimi cittadini, solitamente condannati a file interminabili con passaggio obbligato sotto le forche caudine della burocrazia, Manildo ha potuto prendere carta e penna e rivolgersi direttamente al suo assessore e al dirigente del settore tributi. «Ho disposto un'indagine interna. Occorre appurare come sia stato possibile che si creassero situazioni simili», ha spiegato ai cronisti.
Si fosse mosso quando le diffide sono state recapitate ai trevigiani, si sarebbe risparmiato qualche critica. Quelle di commercialisti e tributaristi, ad esempio. «Noi avevamo avvisato, ma a Palazzo non hanno voluto darci retta», pungono dall'Ordine. E spiegano: «I dati catastali sui quali il Comune basa le sue pretese sono aggiornati mediamente a 10 anni fa». Risultato? Chi ha venduto casa dal 2005 in poi s'è visto recapitare l'invito a voler regolarizzare la propria posizione, pur non essendovi tenuto perché non più proprietario del bene. Manildo se l'è cavata con una letterina. I suoi concittadini sono stati costretti ad andare a Ca' Sugana, carte alla mano, per giustificarsi e implorare pietà tributaria per gli errori altrui.
Poteva andar peggio: a Oristano i morosi vengono fustigati nella pubblica piazza di internet. Perché la latitudine può cambiare, ma l'ostilità verso il contribuente no. Politicamente, è questione di patrimonio genetico. Così nella cittadina sarda, essa pure a guida Pd, si sono inventati la gogna mediatica. Al passo con i tempi, per non essere etichettati come vecchi gabellieri, hanno avuto la felice idea di pubblicare sul sito internet del municipio i nomi dei morosi. Agli inizi di dicembre in 644 tra semplici cittadini (tra loro pure un consigliere regionale) e piccole e grandi imprese erano stati additati al pubblico ludibrio per non aver pagato multe risalenti alla fine del 2012. Il richiamo del garante della privacy non è bastato a impedire il ripetersi del ricorso alla colonna infame. E dopo Natale gli uffici comunali hanno messo online l'elenco dei morosi della Tarsu.
«Un errore», si sono affrettati a precisare - a frittata fatta - vicesindaco e assessore al ramo, annunciando anche in questo caso l'avvio di un'inchiesta amministrativa e l'adozione di provvedimenti disciplinari a carico dei funzionari responsabili. Perché si sa: a sinistra non si sbaglia mai. Le colpe sono sempre degli altri.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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