Cartelle pazze: imprenditrice tenta il suicidio "Pagate 300mila euro", ma non erano dovuti

La 50enne, assolta al processo, si impicca. Il marito: "Non avranno un soldo"

Cartelle pazze: imprenditrice tenta il suicidio "Pagate 300mila euro", ma non erano dovuti
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Mentre l'opposizione rifiuta l'offerta della maggioranza sulle riforme e s'impicca sul metodo (Carlo Calenda dixit), la gente nel Nord produttivo che tira la carretta s'impicca davvero. Per un'ingiusta cartella esattoriale da 300mila euro, da togliere il fiato anche se fosse legittima. Proprio adesso che si discute sulla rottamazione, prolungata al 30 giugno. «È sempre terribile quando vi sono gesti estremi, indice di grande difficoltà economica e solitudine», dice al Giornale la presidente dell'Ordine dei commercialisti di Milano Marcella Caradonna. Ecco perché l'opposizione teme la riforma fiscale che ha in mente il viceministro delle Finanze Maurizio Leo, che secondo la Caradonna «si pone proprio come obiettivo la realizzazione di un diverso e migliore rapporto fisco-contribuente, che spero si concretizzi anche nella gestione dei contenziosi». L'obiettivo dichiarato del centrodestra è fare carta straccia delle lenzuolate di Equitalia o quel che ne resta, inesigibili al 92% e ingiuste al 100% quando costringono un'imprenditrice cinquantenne a tentare il suicidio come è successo a Mogliano (Treviso).

La titolare di una piccola azienda di carpenteria metallica era stata assolta da un'inchiesta penale iniziata nel 2019 per presunte fatture false del 2014. L'indagine tributaria infatti era andata avanti, nonostante tutto. Una lunga battaglia contro l'Erario che reclamava a torto una parte dei guadagni dell'azienda per sfamare ingiustamente le casse vuote di Inps e Inail, un salasso condito dai soliti ingredienti: mora, interessi, sanzioni. «Una cartella dietro l'altra», l'intimazione a pagare «50mila entro sessanta giorni», racconta al Corriere del Veneto il marito in lacrime, che giura al capezzale della donna in coma al reparto di Terapia intensiva dell'Ospedale dell'Angelo di Mestre: «Non pagheremo una lira».

«È la tipica storia che accade a causa del doppio binario, per cui risultanze del giudizio penale non influenzano quello tributario», spiega al Giornale il commercialista Gianluca Timpone, convinto della necessità di correggere immediatamente questa stortura «perché se viene meno la contestazione dell'illecito penale ossia l'emissione di fatture false in automatico deve decadere la contestazione sotto l'aspetto tributario». Invece oggi che cosa succede? «Il fisco si muove con i paraocchi, le varie direzioni provinciali non dialogano, ci sono funzionari che si assumono la responsabilità di evitare storture, altri tirano a campare, tanto il problema non è loro», è la riflessione di Timpone.

Quanto stridono con la realtà gli appelli al «fisco più equo» (sic) lanciati sul Domani da Vincenzo Visco o gli slogan vuoti del leader Cgil Maurizio Landini, del tipo «la riforma fiscale non si fa coi commercialisti». Sarebbe come dire che gli avvocati non hanno voce nella riforma della giustizia. Meglio scendere in piazza per i migranti e i figli delle coppie gay e difendere misure come i bonus edilizi che hanno arricchito le mafie. Ieri la Guardia di Finanza ha scoperto 1,5 miliardi di euro di crediti fiscali ingiusti, finiti nel Sud, ormai ex feudo di democrat e grillini. «Non tutti quelli che non riescono a pagare una cartella esattoriale devono essere considerati evasori. Capita che anche il contribuente onesto che ha sempre pagato possa essere in difficoltà per la pandemia o la crisi economica, è a loro che bisogna andare incontro», è il ragionamento di Antonio Gigliotti, presidente del Centro studi Fiscal Focus. Eccolo, il problema che la sinistra preferisce non vedere, accusando la destra di favorire gli evasori.

E non è un caso che questa triste storia del profondo Nord mescola insieme fisco e giustizia. Due emergenze lasciate in eredità dalla sinistra, due pilastri della democrazia sprofondati in un buco nero che inghiotte gli innocenti e risparmia i colpevoli.

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