Nemmeno il tempo di gioire per una tassa evitata che ne spunta un altro. Dall'enorme mole di emendamenti presentati ieri con cui la maggioranza si appresta a riscrivere in Parlamento la manovra varata dal governo, emerge un nuovo balzello destinato a colpire lavoratori dipendenti e pensionati. È il piano dei 5 Stelle «Casa mia». Ma con i soldi di tutti. Si tratta di un prelievo, variabile a seconda del reddito, destinato a finanziare un vasto programma di realizzazione di case popolari «mini tassa». Ma non è mica tanto mini: ammonterà da un minimo dell'1 per mille per i redditi fino a 10.000 euro, fino al 4 per mille, per chi guadagna più di 30mila euro. Insomma una progressività piuttosto «rapida» che si appiattisce per l'intero ceto medio.
A testimonianza del fatto che tanto mini non è, c'è la prescrizione di un tetto massimo del prelievo di 240 euro annui per ciascun contribuente. E bisogna tener conto che, se venisse approvato l'emendamento, il prelievo si applicherebbe sul reddito lordo, che è considerevolmente più elevato di quel che entra in tasca al contribuente.
Qualche esempio: per un reddito di 10mila euro lordi annui, si applicherebbe l'aliquota minima dell'1 per mille, per cui l'esborso sarebbe di 10 euro. Una cifra contenuta, ma non trascurabile per chi guadagna 830 euro lordi al mese. Per un contribuente da 50.000 euro lordi annui, si salirebbe già a 200 euro l'anno superando abbondantemente, ad esempio, quello del canone Rai. Per finanziare l'ambizioso piano di edilizia popolare oltretutto, i 5s puntano a un fondo pluriennale da 80 miliardi a cui dovrebbero partecipare anche Casse previdenziali e Cassa depositi e prestiti (l'ente alla cui cassa i grillini hanno tentato ripetuti assalti).
E pensare che proprio ieri, il ministro per l'Economia Roberto Gualtieri esultava per «una manovra progressista» che «aumenta il netto in busta paga riducendo le tasse». Il riferimento è alla norma che prevede il taglio del cuneo fiscale. Se passasse il piano Casa Mia, finirebbe con l'erodere in parte gli effetti dello sgravio. Un controsenso. Che potrebbe riaprire le polemiche con i partner di governo, visto che il Pd sta spingendo fortemente lo sgravio sul cuneo fiscale, finanziandolo con microtasse su imprese e professionisti (plastic tax, auto aziendale) e Italia viva ha dato battaglia per evitare anche queste gabelle. Ma nel complicato gioco della litigiosa maggioranza, il tic tassatore eliminato da una parte rispunta inevitabilmente dall'altra. Ieri nel mirino dei grillini è finita anche la Chiesa.
Il senatore Elio Lannutti ha presentato un emendamento per estendere l'Imu sui propri beni (ospedali inclusi) per il periodo precedente al 2011, quando il governo Monti decise di imporlo alla Chiesa. Da allora l'amministrazione apostolica ha versato oltre 9 milioni l'anno.
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