Coronavirus

Casi stabili, su le rianimazioni. Record nel Lazio: posti esauriti

Sono 1.392 i nuovi contagi, in terapia intensiva in 239. All'Umberto letti finiti, Vaia: "È la coda delle vacanze"

Casi stabili, su le rianimazioni. Record nel Lazio: posti esauriti

In aumento i ricoveri in terapia intensiva. La crescita del numero di casi gravi, tanto da richiedere un supporto respiratorio, è l'indicatore più importante, quello che può di nuovo far scattare un allarme dal quale potrebbero conseguire misure più restrittive. E l'attenzione sale in particolare nel Lazio. L'ultimo bollettino segnala una diffusione generale del coronavirus in costante crescita ma comunque sotto controllo. I nuovi casi 1.392 su 87.303 tamponi eseguiti. Le vittime sono 14. In terapia intensiva ora ci sono 239 pazienti sette più di ieri e i ricoveri «ordinari» salgono di 129 unità e salgono a 2.604. Superati i 300mila casi totali, 300.897.

Per il ministro della Salute, Roberto Speranza, ci troviamo in una fase di «resistenza» e se per il vaccino anticovid si punta ad avere le prime dosi entro la fine dell'anno possiamo anche sperare che al più presto arrivino cure e terapie più efficaci, come quelle basate sugli anticorpi monoclonali. Sul fronte scuola Speranza punta a utilizzare anche qui i test antigenici impiegati in porti ed aeroporti: veloci e sicuri. Sui test salivari invece ancora troppe incertezze. Il ministro poi insiste sulla necessità di sottoporsi al vaccino antinfluenzale: le dosi saranno sufficienti per tutti.

Preoccupa in particolare l'impennata di nuovi casi nel Lazio: addirittura 238 ieri e in continuo aumento da giorni. Francesco Le Foche, responsabile del Day hospital di immunoinfettivologia del Policlinico Umberto I di Roma, segnala che il loro reparto Covid «è già al completo».

Una situazione che desta allarme segnalata anche dal direttore sanitario dell'Inmi Spallanzani di Roma, Francesco Vaia. «Osserviamo un aumento delle terapie intensive dovuto essenzialmente all'aumento dell'età media dei pazienti e delle patologie concomitanti, soprattutto nei soggetti anziani», avverte Vaia che ritiene ora si debba «intervenire rapidamente sul territorio, potenziando le cure domiciliari». Per Vaia ci troviamo «nella coda del fenomeno di ritorno dalle vacanze e i contagi avvengono attraverso contatti intrafamiliari o per cluster riconducibili a comunità di stranieri residenti». Infine, conclude Vaia, «occorre intervenire a livello europeo per attività di test negli aeroporti, porti e stazioni ed evitare che si imbarchino persone positive al coronavirus».

Più ottimista la posizione del viceministro alla Salute, Pierpaolo Sileri che ritiene assisteremo a «una crescita controllata attraverso tamponi e sorveglianza». E anche se «i focolai saranno tantissimi e ci sarà anche una sovrapposizione con le sindromi influenzali», per il viceministro «non dobbiamo preoccuparci perché la seconda ondata che vivremo in tutto il mondo difficilmente sarà come quella di febbraio e marzo». Dunque per Sileri è pure possibile riaprire gli stadi al pubblico, anche se in modo graduale. «A maggio ero contrario ma poi visto l'andamento dei contagi ora ritengo sia giusta la decisione di riaprire gli stadi, ovviamente non la capienza completa - afferma Sileri - Mille posti però sono troppo pochi. La capienza può andare via via aumentando. Una riapertura totale in questo periodo non potrà esserci».

Una posizione che a molti esperti appare poco prudente. La Fondazione Gimbe ritiene una follia aprire gli stadi a una capienza del 50% sottolineando che l'espansione del bacino dei casi attualmente positivi da 12mila a 45mila nel giro di due mesi è importante.

Per Gimbe godiamo ancora i frutti di «un lockdown più precoce, rigoroso e prolungato».

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