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Il caso Palamara ora investe le nomine alla Procura milanese

L'ex toga al Csm svela i retroscena ("fu lottizzazione") della scelta dei 5 vice. E ammette: "Ne parlai con Greco"

Il caso Palamara ora investe le nomine alla Procura milanese

U na delle Procure più importanti d'Italia viene investita in pieno dalle ondate del caso Palamara alle nove e mezza di ieri mattina, quando l'ex presidente dell'Associazione nazionale magistrati va a sedersi in un'aula del Consiglio superiore della magistratura. È l'istituzione su cui Palamara ha regnato a lungo, prima, durante e dopo il periodo di cui ne faceva formalmente parte. E che lo ha radiato dopo lo scandalo che lo ha investito.

Ieri mattina, Palamara compare, convocato con poche ore di preavviso dalla prima commissione del Csm senza indicazione dell'argomento. E lì scopre che il tema dell'interrogatorio è quanto avvenne quasi quattro anni fa, quando il Consiglio di cui faceva parte nominò i cinque procuratori aggiunti di Milano. Una informata di nomine senza precedenti, che doveva ridisegnare il volto della Procura di Mani Pulite dopo la faida che l'aveva attraversata negli anni precedenti. Nel telefono sequestrato a Palamara, le chat raccontano per filo e per segno come vennero scelti i cinque «vice» del capo Francesco Greco. Ieri mattina, al Csm, a Palamara viene chiesto di spiegare quelle chat e quelle nomine. Lui va giù piatto: «È stata una lottizzazione tra le correnti».

Nulla di nuovo sotto il sole, si potrebbe dire. Ma il problema è un altro. Perchè la commissione che interroga Palamara è quella che si occupa delle «incompatibilità ambientali» dei magistrati. È lo strumento che permette di cacciare dalla loro carica magistrati che, anche senza illeciti disciplinari, non possano più stare lì. L'ultimo è stato Marco Mescolini, rimosso dalla Procura di Reggio Emilia proprio per il caso Palamara. Chi c'è ieri, nel mirino del Csm? La risposta, racconta chi ha partecipato alla riunione segreta e a porte chiuse, è netta: Francesco Greco, il capo della Procura milanese.

A Greco non è stato finora notificato nulla di ufficiale, d'altronde tecnicamente i lavori della commissione contro di lui sono nella fase «preistruttoria». Ma l'insistenza con cui ieri la commissione ha insistito sulle nomine dei cinque aggiunti ha un significato difficilmente equivocabile. E non può essere casuale che l'apertura del fronte milanese del «caso Palamara» avvenga in un momento drammatico per la giustizia nel capoluogo lombardo, dove le spaccature e i veleni seguiti ai processi sull'Eni hanno investito anche la gestione dell'ufficio da parte di Greco. Oggi Greco è un capo indebolito, anche perché prossimo alla pensione. E gli attacchi influiranno inevitabilmente sulla scelta, che si annuncia lunga e cruenta, del suo successore.

Greco non compare direttamente nelle chat. A parlare delle nomine milanesi con Palamara è Nicola Clivio, all'epoca consigliere del Csm per la corrente di Area. Si discute di un pacchetto di cinque nomi già pronto, che Palamara cerca invano di mettere in discussione. Su alcuni dei candidati fioccano giudizi impietosi. Ma alla fine passa il pacchetto precotto. E il ruolo del procuratore aleggia su tutta la conversazione. Quando Palamara cerca di escludere un nome, Clivio risponde: «Fa incazzare Greco e tutto il mondo. È sua». Ieri a Palamara viene fatta la domanda cruciale: parlò con Francesco Greco della nomine? «Sì», risponde lui. Anche se colloca il discorso in un confronto col procuratore di Milano su problematiche più vaste.

Qualcuno, in Csm, non voleva che a Palamara venisse dato modo di dare la sua versione sull'infornata di nomine. Alla fine, però, ci si è arresi all'inevitabile. E ieri, in aula, Palamara conferma tutto e riassume: è stata una lottizzazione, con un occhio fisso sulla tessera di corrente dei candidati. Questa era la regola, d'altronde, prima e dopo che arrivassi io: è il mantra di Palamara, la sua linea di difesa. Milano, dice, non ha costituito eccezione.

Ma se si parla di Milano, dice, bisogna parlare anche del resto. Di Roma, per esempio. Non solo della tormentata vicenda della nomina del procuratore capo Michele Prestipino, al cuore dell'indagine di Perugia. Come per Milano, dice l'ex presidente dell'Associazione nazionale magistrati, bisogna scavare anche su come le gerarchie della Procura vennero decise con la nomina degli aggiunti: e fa i nomi di Paolo Ielo, Stefano Pesci, Giuseppe Cascini e Rodolfo Sabelli, tutti nominati dal Csm attualmente in carica.

Dopo di me, dice Palamara, non è cambiato niente.

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