
È necessaria una nuova perizia tecnica, questa volta super partes, sull'incidente che il 24 novembre 2024 al Corvetto ha portato alla morte del 19enne Ramy Elgaml. La Procura di Milano ha chiesto al gip una perizia "cinematica" da svolgere nella forma dell'incidente probatorio "volta a ricostruire l'esatta dinamica" dei fatti di quella notte e per stabilire le responsabilità delle persone indagate per omicidio stradale in concorso.
Hanno di recente ricevuto la notifica di conclusione indagini (che di solito prelude alla richiesta di rinvio a giudizio) Fares Bouzidi, l'amico di Ramy che guidava lo scooter dello schianto, e il carabiniere che era al volante dalla prima Gazzella all'inseguimento dei due ragazzi in fuga. Ora però i pm, prima di decidere se chiedere il processo per i due indagati, auspicano un ulteriore accertamento da parte di un esperto nominato dal gip. Questo perché, scrivono i pm Giancarla Serafini e Marco Cirigliano, "le relazioni di CT (consulenza tecnica, ndr) depositate in atti, pervenendo a conclusioni divergenti su diversi profili essenziali del fatto, non consentono di addivenire ad una ricostruzione univoca dell'evento". Di conseguenza "anche per la peculiarità e delicatezza della vicenda di cui ci si occupa appare necessario accertare con perizia l'esatta dinamica del sinistro stradale". Una verifica che dovrà fornire alla Procura "elementi fondamentali per l'esercizio dell'azione penale sulla base di una ragionevole previsione di condanna nei confronti dei responsabili". Il gip deciderà se ammettere o meno l'incidente probatorio. È prevedibile, in un caso simile, che la risposta sarà positiva e a quel punto i periti chiederanno un termine di almeno 90 giorni.
Sul tavolo ci sono le consulenze, appunto contrastanti fra loro nel definire le responsabilità di Fares o del carabiniere, dei pm, degli indagati e della famiglia della vittima. Nella propria relazione e in una integrazione l'ingegnere Domenico Romaniello, nominato dai pm, aveva scritto in sostanza che l'unico responsabile dell'incidente sarebbe stato Bouzidi, mentre il carabiniere alla guida della Giulietta aveva avuto un comportamento corretto. Ma evidentemente queste conclusioni non hanno convinto gli inquirenti, che infatti non hanno seguito la linea della relazione del proprio consulente e a luglio hanno chiuso l'inchiesta per omicidio stradale anche a carico del militare.
Nell'imputazione la Procura guidata da Marcello Viola ha messo in evidenza il nodo della distanza "inidonea", meno di 1,5 metri, tenuta dal carabiniere che sarebbe stato troppo vicino al T-Max prima dell'urto all'incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta. E gli stessi pm, dopo la chiusura indagini e prima di definire il fascicolo, hanno anche deciso di sentire Romaniello, convocato nei giorni scorsi.