Caso Unipol, prescrizione per Silvio e Paolo Berlusconi

Prescrizione per Silvio e Paolo Berlusconi. L'unica intercettazione che non si poteva pubblicare era quella di Fassino

Caso Unipol, prescrizione per Silvio e Paolo Berlusconi

In un paese in cui si pubblica qualunque intercettazione, persino le più irrilevanti, senza che le Procure muovano un dito, gli unici colpevoli per la magistratura sono Silvio e Paolo Berlusconi. Parola della Cassazione. Che oggi ha respinto il ricorso del Cavaliere e di suo fratello, che chiedevano di essere assolti con formula piena dall’accusa di rivelazione di segreto d’ufficio per la pubblicazione sul Giornale nel dicembre 2005 della telefonata con cui l’allora segretario dei Ds Piero Fassino festeggiava la conquista della Banca nazionale del Lavoro da parte di Unipol, il colosso assicurativo legato alle Coop. «Abbiamo una banca!», esultava Fassino parlando con il protagonista della scalata, il numero uno di Unipol Giovanni Consorte. Incredibilmente, quella telefonata era stata considerata irrilevante ai fini dell’indagine e non era stata trascritta. Solo lo scoop del Giornale permise che venisse alla luce il patto di ferro tra Ds e Unipol per mettere le mani sulla Bnl.

Eppure, per la Cassazione a commettere un reato non furono i vertici dei Ds ma i fratelli Berlusconi. Solo la prescrizione, già concessa durante il processo d’appello, salva i due imputati dalla condanna. La Cassazione respinge il ricorso sia di Paolo Berlusconi, che ha sempre ammesso di avere ricevuto nel suo ufficio di amministratore delegato del Giornale il nastro con la voce di Fassino da uno dei tecnici che realizzava l’intercettazione per conto della Procura; e sia quello di Silvio Berlusconi, il cui ruolo nella vicenda è stato talmente marginale che lo stesso pubblico ministero che indagava sulla fuga di notizie chiese il suo proscioglimento «per non avere commesso il fatto»: la tesi della Procura venne però bocciata dal giudice preliminare, che ordinò l’imputazione coatta. In primo grado i due fratelli erano stati condannati rispettivamente a un anno (Silvio) e a due anni e tre mesi (Paolo), nonostante che uno dei testimoni avesse raccontato che quando il nastro era stato fatto ascoltare al Cavaliere durante un incontro ad Arcore l’attrezzo si era inceppato, e che il Cavaliere era sembrato assopito.

Nel suo intervento di oggi il procuratore generale Francesco Salzano ha sostenuto invece che Berlusconi diede «il suo assenso alla pubblicazione della telefonata tra Fassino e Consorte nella consapevolezza che era una intercettazione coperta da omissis». Anche i legali di Fassino avevano chiesto che il ricorso venisse respinto, in modo tale da garantire comunque all’attuale sindaco di Torino il risarcimento dei danni patiti a causa dello scoop.

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