
Sono serviti sei anni perché Massimo Bossetti ottenesse quanto nel 2019 il tribunale di Bergamo gli aveva garantito: poter esaminare direttamente quanto resta delle prove che lo hanno fatto condannare all'ergastolo per l'omicidio di Yara Gambirasio. Il Dna trovato sui leggins della ragazzina di Brembate Sopra non esiste più. Ma ora per la prima volta i legali e i consulenti di Bossetti potranno avere nelle loro mani il profilo genetico di Yara e gli altri venticinquemila profili tra i quali la Procura di Bergamo individuò, come unico Dna compatibile, quello del muratore di Mapello. E insieme ad essi, come recita il decreto reso noto ieri dall'Adnkronos, "copia del dvd contenente le immagini fotografiche ad alta risoluzione effettuate dal Ris di Parma relative a tutti i reperti dagli stessi analizzati; copia di tutti i tracciati elettroferografici prodotti dal Ris di Parma, prima, e dai consulenti tecnici Previderé e Grignani poi, relativi ai campioni di riferimento della vittima; i risultati di tutte le caratterizzazioni genetiche effettuate (campioni di riferimento e tracce), anche in forma anonima, su qualsivoglia supporto, sia esso cartaceo o digitale".
Non siamo alla rilettura totale dell'indagine che la difesa di Bossetti invoca da sempre, ma ad accertamenti che secondo lo stesso giudice che li ha autorizzati riguardano dati "non acquisiti al fascicolo dibattimentale" e aventi "anche il carattere della potenziale novità della prova". "Ci abbiamo messo sei anni solo per poter iniziare a lavorare sulla carta - dice il difensore Claudio Salvagni - ma siamo fiduciosi che da qui si possa ripartire per dimostrare l'innocenza di Massimo Bossetti".
Al centro del controesame ci sarà la rilettura della "traccia 31G20", attribuita inizialmente a "Ignoto 1" e poi a Bossetti, anche se non confermata dal Dna mitocondriale. Certo, tutto sarebbe più semplice se esistessero ancora le tracce genetiche rilevate sugli abiti della vittima. Ma la sorte dei reperti è stata segnata dalla loro gestione da parte della Procura di Bergamo nel novembre 2019, a processo concluso da un anno. "È assolutamente pacifico che il trasferimento delle provette all'ufficio corpi di reato le rese inservibili per ulteriori analisi", hanno scritto nel settembre scorso i giudici di Venezia che hanno assolto dall'accusa di depistaggio il pm del "caso Yara", Letizia Ruggeri: assolta per avere agito in buona fede, convinta che "nuove analisi non avrebbero potuto mettere in discussione l'individuazione certa del Bossetti, avendo formato questo convincimento sulla base delle sentenze". Ma spostandole dai -80 gradi dell'ospedale San Raffaele all'ufficio corpi di reato del tribunale di Bergamo le provette divennero subito inutilizzabili. "Mah, non c'è dentro quasi niente", aveva detto la Ruggeri.
"Si disponeva ancora di materiale genetico sufficiente a ripetere l'esame", dissero invece gli ufficiali dei Ris.Ora Bossetti si dovrà accontentare delle trascrizioni di quei profili: meglio che niente, nella sua battaglia per dimostrare di essere vittima di un drammatico errore giudiziario.