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La casta della Consulta «assolve» subito Zanon per l'auto blu alla moglie

I giudici della Corte costituzionale difendono il collega indagato: è un benefit che usiamo tutti

V entitrè auto di servizio, e ventidue autisti retribuiti a tempo pieno, per un costo di quasi mezzo milione di euro l'anno (496mila euro, per l'esattezza): ma per coccolare i giudici della Corte Costituzionale nei loro spostamenti, evidentemente non bastavano. Così si spiega che Nicolò Zanon, illustre cattedratico e dal 2014 giudice della Consulta, alla guida della sua auto avesse un carabiniere. E che proprio da questo carabiniere facesse portare a spasso anche la propria signora, Marilisa D'Amico, anche lei docente universitaria nonché esponente di punta del Partito democratico milanese.

Martedì, con una decisione solo apparentemente incomprensibile, i giudici della Corte Costituzionale hanno rifiutato le dimissioni di Zanon, colto dalla Procura di Roma con le mani nella marmellata a usare l'auto blu come se fosse la 500 di casa. A fare scattare la solidarietà dell'intera Consulta, con in testa il neo presidente Giorgio Lattanzi, è stata la semplice circostanza che lo stesso peccatuccio di Zanon è comune a più di un collega. Ieri Valerio Onida, ex giudice costituzionale, si è candidamente autodenunciato, spiegando che l'auto «è un benefit come un'auto aziendale concessa ai dipendenti senza limiti al suo uso personale». Ed è certo che altri giudici, anche attualmente in servizio, hanno mischiato lavoro e vita privata, viaggiando a spese dello Stato anche fuori servizio.

Zanon dopo il rigetto delle dimissioni si è autosospeso dalle udienze: ma non dallo stipendio, dai famosi 360mila euro all'anno che fanno dei giudici della Consulta i dipendenti pubblici più pagati d'Italia, una volta e mezzo il Capo dello Stato, e i magistrati più pagati del mondo. Zanon si limiterà a non partecipare più alle udienze, continuerà a lavorare da casa, e intanto preparerà la sua difesa dalla accusa di peculato che gli ha mosso la Procura di Roma. Una linea che si muove su due fronti.

Da una parte Zanon e signora cercano di giustificare in qualche modo i singoli spostamenti dell'auto blu. I viaggi al mare della signora Marilisa, per esempio, erano finalizzati a «portare delle carte» al marito che vi si trovava; e quando la signora faceva shopping, sempre con auto blu e carabiniere al volante, era per arredare la foresteria di cui il marito gode in piazza del Quirinale come i suoi quindici colleghi.

Dall'altra - in questo spalleggiato dal resto della Corte - Zanon punta a cavarsela rivendicando la totale libertà d'uso che i regolamenti interni concedono per l'auto di servizio. D'altronde la parola magica, quando si parla di Corte Costituzionale, è autodichia: significa che la Corte, unico organo dello Stato in questo equiparato a Camera e Senato, si fa da sola le sue leggi. Compreso il regolamento cui ora si appella Zanon, varato nel 1979. Nonostante i pubblici impegni alla trasparenza, il regolamento non è disponibile sul sito della Corte Costituzionale. Ma un dato è certo: il procuratore aggiunto di Roma, Paolo Ielo, prima di iscrivere il nome di Zanon nel registro degli indagati, quel regolamento se lo è procurato e lo ha letto con attenzione.

E ne ha dedotto che non dice affatto (e sarebbe stato strano il contrario) che l'auto possa venire usata fuori da ogni regola e controllo dal giudice e dai suoi familiari.

Così ora la Procura aspetta con interesse le mosse difensive di Zanon.

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