La casta dei dipendenti M5s: affitti e spese, paga lo Stato

I grillini usano soldi pubblici per i loro collaboratori «L'Espresso» sbugiarda i finti francescani della politica

T ante parole, tante promesse, innumerevoli proclami. Tutto per rimarcare la loro differenza dagli altri politici. Perché loro sono diversi, sono francescani, rifiutano e schifano i soldi. A parole, appunto. Perché alla luce dei fatti quelli del Movimento 5 stelle sono esattamente come gli altri. Anzi, peggio, perché dopo anni di favolette raccontate ai quattro venti fanno esattamente quello che hanno sempre promesso di non fare. Succede per i parlamentari, che esaltano esigui quanto meritevoli tagli di stipendio a fronte di stipendi da favola. Ma succede anche, e forse di più, ai dipendenti del Movimento che possono vantare compensi, spese e benefit pagati con soldi pubblici. Proprio quelli che (a parole) i grillini schifano, rifiutano, e detestano. Secondo quanto rilancia il settimanale L'Espresso stipendio, appartamento, luce, gas, condominio, Tari, Tasi, telefono, internet e altri rimborsi per i dipendenti grillini sono interamente pagati dai gruppi parlamentari e non si tratta di spiccioli.

I numeri sono tutt'altro che da francescani. Al Senato per esempio, il Movimento 5 Stelle può contare su 35 senatori. In virtù di questo a Palazzo Madama i pentastellati incassano ogni anno dallo Stato 2,4 milioni che si guardano bene dal rifiutare, alla faccia delle manfrine sui soldi pubblici non incassati. La quasi totalità di questa somma viene impiegata per pagare i 31 tra dipendenti e collaboratori. Il più famoso tra tutti è senza dubbio Rocco Casalino, che dopo l'apparizione al Grande Fratello ha scalato in breve tempo le gerarchie del Movimento fino a diventare colui che gestisce le apparizioni pubbliche degli onorevoli spesso addirittura «dettando» ciò che devono (o non devono) dire a mo' di copione da recitare. Lo stipendio medio dei dipendenti del Movimento 5 Stelle al Senato, Casalino compreso, si aggira sui 5mila euro al mese, per una spesa complessiva di oltre 1,9 milioni di euro l'anno. Per chi ha partita Iva invece l'emolumento sale a circa 7mila euro ogni mese. Ma l'ottimo stipendio non è l'unico privilegio di cui dispongono. Centomila euro l'anno è la spesa per i cinque appartamenti «ad uso abitazione per i dipendenti ufficio comunicazione» e «n. 2 collaboratori» (come recita il rendiconto del 2016) specificando che si tratta della soluzione «più conveniente». Come alti sono i costi per i numerosi benefit. Perché ai canoni di affitto che vanno dai 900 ai 2.500 euro al mese si devono aggiungere anche le spese di condominio e le bollette di acqua, luce, gas e Tari oltre alle spese per internet e telefono. Il gruppo parlamentare si fa carico di tutto.

Niente di male, sono dipendenti ed è giusto che siano pagati e magari anche spesati, si potrebbe dire. Si potrebbe anche obiettare che i veri francescani devono essere gli onorevoli, non dei semplici lavoratori. Che in fondo altro non fanno che seguire l'esempio dei loro datori di lavoro. Restituiscono, è vero, circa metà della loro indennità, 2.500 euro al mese all'incirca, ma omettono di dire che grazie ai rimborsi arrivano a percepirne quasi 10mila ogni mese. Una furbata. Numeri noti e pubblici, che cozzano con le dichiarazioni di facciata degli onorevoli che si spacciano come poverelli della politica di fronte a chi mangia sulle spese da anni.

Non a caso in Rete, ad eccezione

degli ortodossi che difendono i loro idoli sempre e comunque, in molti hanno criticato l'atteggiamento doppio dei Cinque Stelle che ora riguarda sia gli onorevoli che i loro dipendenti. Alla faccia delle parole di facciata.

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