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Da Catalfo ad Azzolina. Giuseppi fa disastri anche sulle quote rosa

Che delusione. La prima boicotta il lavoro, la seconda annaspa. La "Pisano-Casaleggio" poi...

Da Catalfo ad Azzolina. Giuseppi fa disastri anche sulle quote rosa

Ne vorremmo una per ogni ministero perché siamo sicuri farebbero meglio degli uomini, ma non siamo più sicuri che siano quelle scelte da Giuseppe Conte le migliori donne ministro. La più abile non è valorizzata (Luciana Lamorgese), quella senza portafoglio spende più di tutti (Paola Pisano) e c'è la ministra del Lavoro (Nunzia Catalfo) che è impegnata a scoraggiarlo anziché favorirlo. E cosa pensare di Lucia Azzolina, ministro dell'Istruzione, che ha proposto di assumere altri settantamila insegnanti, ma che non è ancora riuscita (manca solo un mese!) a disporre i banchi per gli esami di maturità?

Ci dispiace dunque sul serio vedere queste ministre «scomparire» e non tanto dietro la mascherina, ma dietro la formula «quote rosa» che il premier ha nuovamente agitato per modificare quello spogliatoio di soli uomini che ha chiamato task force. Per riparare all'errore ha selezionate undici donne e le ha «aggiunte» (ma è così che si rimedia?) perché, come ha detto, «sono rimasto molto colpito dall'appello di alcune senatrici». E c'è infatti da rimanere colpiti, come dice Conte, ma non perché le donne nelle istituzioni sono sempre troppo poche, ma perché quelle di governo sono sempre fuori fuoco. Nel momento in cui avremmo più avuto bisogno di tagliare la burocrazia a essere tagliata fuori da tutte le decisioni è stata la ministra Fabiana Dadone, deputata del M5s di cui si diceva un gran bene. A quasi un anno dalla nomina ci rimane ignota e nessuno ha capito le sue intenzioni se non l'intenzione di passare inosservata. Ma può ancora permetterselo un Paese che è in rivolta contro la burocrazia? «Vorrei sapere come l'emergenza modificherà il pubblico impiego, cosa si intende fare per frenare la produzione sfrenata di leggi. Vorrei insomma sapere cosa ne pensa questo ministro, e però non ho trovato ancora risposte», racconta il professore Guido Melis, l'italiano che più di tutti ha studiato i guasti delle nostre amministrazioni. E come possiamo invece fidarci di un ministro come Paola Pisano che vuole tracciarci ma che l'unica traccia che ha finora lasciato sono i suoi omaggi a Davide Casaleggio? Ha chiamato esperti e distribuito consulenze per oltre un milione di euro e non ha tenuto conto del loro parere. È sua la decisione di scegliere l'app Immuni e quando è stata pizzicata ha risposto con la solita boria di casa (quota Casaleggio) senza saper giustificare la sua scelta. Doveva convincere gli italiani a scaricare questo servizio e invece ha confermato tutte le perplessità su questo nuovo strumento.

E non si conoscono gli «spostamenti» della ministra della Famiglia, Elena Bonetti, che per strappare risorse ha ingaggiato una lotta con la sua collega Azzolina. Ne hanno fatto le spese le scuole paritarie dimenticate da ristori, rimborsi.

Può ripartire il Paese senza di loro? No, non sono neppure le lacrime della sua compagna di partito, Teresa Bellanova, capo delegazione di Italia viva, che ci hanno unito e convinto. Nella scelta di regolarizzare seicentomila migranti si è compiuto il coronamento della sua strepitosa biografia da bracciante, ma resta l'incognita su una sanatoria che non potevamo permetterci prima e ancora meno adesso. La Confagricoltura ha dichiarato che era vera la richiesta di avere forza lavoro, ma che erano già molti gli italiani che avevano risposto oltre ai sussidiati del reddito di cittadinanza che potrebbero iniziare a farlo. Li ha storditi tutti la ministra Catalfo, quota Di Maio, che ha promesso il cumulo (reddito di cittadinanza e di emergenza), il più grande incentivo a ricoverarsi a casa.

E tra le colpe non c'è forse anche questa, aver dato poco spazio al ministro degli Interni, Luciana Lamorgese, ex prefetto e tecnico, la più equidistante dalla politica e proprio per questo la donna di governo più navigata che finora si è misurata con le emergenze? Se è stato possibile mantenere l'ordine nel disordine si deve al ministero che dirige. Non merita di essere ascoltata da Conte più di quanto Conte ascolta Francesco Boccia, il ministro che sta allontanando le Regioni dallo Stato? Ebbene, anche questo va rimproverato a Conte.

Nel farle fallire come ministre c'è il suo più vero fallimento.

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