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Catalogna, feriti e 70 arresti: Barcellona-Real non si gioca

Mezzo milione di indipendentisti in piazza, chiusa la Sagrada Familia. Rinviato il «clasico» di Spagna

Catalogna, feriti e 70 arresti: Barcellona-Real non si gioca

Barcellona. Il mattino dopo la quinta notte di guerriglia, incendi e violenza tra la Policìa Nacional, dimostranti indipendentisti e infiltrati rossi e neri, la città si è svegliata ancora sotto choc e sporca di cenere. Alcuni dei vecinos, i residenti, più volenterosi, hanno ripulito la loro strada dalle carcasse carbonizzate di cassonetti e auto. Una voglia di normalità spesa a raccogliere i frutti dell'odio altrui.

Eppure fino al tardo pomeriggio di ieri, mentre confluivano dalla cinque province della Catalogna migliaia di manifestanti per la manifestazione pacifica e lo sciopero generale, tutto sembrava sperare per il meglio. Chiusa per sicurezza, l'eterna incompiuta Sagrada Familia e rinviato a dicembre el clasico Barcelona F.C.-Real Madrid in programma la sera, nessuno si aspettava un rigurgito di tale violenza, nel giorno dello sciopero e della tregua, della marxe per la libertat, e di una città completamente militarizzata. Alla fine la violenza si è fatta sentire, si è infiltrata nei cortei pacifici, avvelenandoli di rabbia, tanto che, uno dei cortei pacifici del totale di 525 mila persone, che convergeva sulla centrale Plaza Catalunya al grido di libertat! Per i dodici connazionali catalani condannati, è finito preda di un improvviso attacco di oltre duecento persone, incappucciate, che si sono staccate da un secondo corteo parallelo in Via Laietana. Dalle vie laterali e strette del quartiere Gotico sono piovuti gli incappucciati armati di spranghe e molotov ed è scoppiato il caos. Sassi e bottiglie incendiarie contro gli agenti. La notizia dell'arrivo di alcune decine di black bloc dalla vicina Francia aveva alzato il livello d'allarme con il rinforzo del reparto delle teste di cuoio (GRS). La violenza tra Laietana e Plaza Urquinaona è andata avanti fino alle dieci di sera, aumentando con le prime ombre, quando un altro centinaio d'estremisti incappucciati, secondo la polizia, ha raggiunto la zona di guerriglia. Decine di cassonetti e quattro auto sono state incendiate, c'è stato un lancio di transenne contro uno schieramento di Mossos d'Esquadra che hanno sparato numerosi proiettili di gomma, per aprire la strada ai pompieri cui gli estremisti impedivano di spegnere gli incendi. Gli stessi abitanti dei primi piani di un palazzo settecentesco hanno versato pentole d'acqua sui roghi. Verso le undici di sera gli arresti erano di circa settanta persone con una cinquantina di feriti. In serata il ministro degli Interni Fernando Marlaska ha detto che quattrocento persone organizzate si erano infiltrate nei cortei pacifici per attaccare gli agenti di polizia. Il ministro ha ricordato che chi commette un reato contro gli agenti è punito con sei anni di carcere.

Ieri Quim Torra, presidente della Catalogna, ha chiesto un nuovo referendum. Richiesta che sta spaccando il movimento secessionista, già molto diviso. A Bruxelles, l'ex numero uno della Generalitat, Carles Puigdemont, re disobbediente in esilio da due anni, venerdì mattina è rientrato nella villa che lo ospita, dopo che si era consegnato alla giustizia belga per un giorno, a seguito dell'ordine d'arresto europeo firmato da Madrid lunedì.

La procura di Bruxelles ha rimandato al 29 ottobre la decisione di arrestarlo, estradarlo in Spagna o non fare nulla, come si è deciso fino ad ora.

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