RomaNonostante i tempi che corrono, guai a perdere la fiducia nel futuro e nelle persone. E dunque è del tutto legittimo che uno possa dire: «Io ci credo». Preghiera laica da snocciolare come rosario: credo in Renzi, credo nella Boschi, in Nardella e Luca Lotti. Credo nella rottamazione, nella gioventù e nello Spirito santo.
Celebrazione di questo nuovo rito si tiene nella vecchia stazione di Firenze, l'ormai benedetta «Leopolda». Evento ormai alle porte, la cui parabola spirituale non accenna a spegnersi. Spirituale e non solo, a giudicare dai finanziatori che concorrono festosi all'«obolo» per la Fondazione Open , «motor primo» della macchina o, se si vuole, cassaforte di San Matteo . L'ammontare delle sottoscrizioni, pari a poco meno di due milioni di euro, in tempi di magra come questi fa strabuzzare gli occhi e drizzar le orecchie non solo all'invidioso Stefano Fassina. L'oppositore bocconiano di Renzi aspira provocatoriamente al piatto ricco: «Questi due milioni diamoli al Pd, non alla Leopolda», dice. Beccandosi l'infastidita smentita di Open : «I due milioni sono il totale delle donazioni dei sostenitori della Fondazione, non i costi della Leopolda 2014». Costi che si aggireranno sui 300mila euro, fanno sapere.
Dai bilanci Open si apprende invece come restino ancora sostanziosi i debiti verso le banche (129mila e rotti), mentre come siano singolarmente lievitati i costi degli abbonamenti a libri e pubblicazioni (da 4.725 a 123mila euro in un solo anno!). Sarà stata la Boschi, sarà stato Luca Lotti, è giusto studiare ed è giusto precisare. Ma dato che, per dirla col sindaco di Firenze Dario Nardella, la «Leopolda è appuntamento utile e positivo», non fatichiamo a credere che anche la Fondazione sia «utile» a chi ci crede e la sostiene. Una lista di benemeriti di cui sono noti solo i «volontari», in base alla legge sulla privacy. Sfuggono alla notorietà benefattori per quasi 600mila euro su due milioni. La lista di chi si espone è capeggiata dall'ormai celebre patròn dell'Algebris con sede alle isole Cayman, Davide Serra. Assieme alla moglie Anna Barassi, Serra «crede» nella misura di 175mila euro (75mila donati soltanto quest'anno). Secondo posto della hit parade per Guido Ghisolfi e Ivana Tanzi, dai quali arrivano 125mila euro (quest'anno «soltanto» 25mila). Ghisolfi è a capo della società chimica Mossi e Ghisolfi. Terzi sul podio il toscano Vincenzo Manes, «re» del rame di Intek Group-Kme e fondatore di Fondazione Dynamo (gli ha fruttato un bel cavalierato del lavoro), nonché l'Isvafim spa di Alfredo Romeo e della moglie Maria Vittoria Parisio Perrotti. Entrambi donano a testa circa 60mila euro: Manes duemila in più di Romeo, imprenditore napoletano che ha avuto i suoi guai con la giustizia (anche per una filantropia a largo raggio che, nella prima come nella seconda Repubblica, non ha mai fatto distinzioni tra destra, sinistra e centro).
Infine, tanto per risparmiare la lista della spesa, citeremo solo i 50mila sborsati dai coniugi Fresco (lui già ad Fiat) e i 50mila della GF Group, azienda alimentare ligure.
Inevitabile che dell'elenco facciano parte nomi noti e meno noti, parlamentari renziani, finanzieri eccetera, con donazioni da diecimila a mille (fino ai goliardici 50 euro sborsati a suo tempo da Franco Bechis, già vicedirettore di Libero - «speravo nella clemenza sulle querele ricevute», ebbe a discolparsi il povero).Domanda insidiosetta: ma se uno dona un bel gruzzolo all'Idea, che bell'idea avrà mai della gratitudine?
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.