Nelle stesse ore in cui il premier Conte si recava al Quirinale i vertici della coalizione di centrodestra sono tornati a riunirsi. Tajani, Meloni e Salvini, insieme con Cesa, Toti e Lupi, hanno fissato due punti: reclamare a gran voce che la crisi di governo sia gestita in parlamento e di chiedere al Quirinale un colloquio (anche telefonico) per essere informati tempestivamente sull'evolversi della situazione.
Di più, i vertici della coalizione hanno predisposto un mandato informale per il leader del Carroccio come rappresentante e portavoce per esprimere al Mattarella le istanze politiche del centrodestra. «Ho detto al presidente, non soltanto a nome del centrodestra ma soprattutto a nome di sessanta milioni di italiani, che la gravità della situazione richiede un urgente confronto parlamentare e che il presidente Conte deve venire in aula a dire cosa intende fare e soprattutto a verificare l'esistenza di una maggioranza. Altro che giochi di palazzo! La gente vuole riposte concrete su scuola, sanità, sul piano vaccinale e sul lavoro». «Se Conte pensa di aver trovato per strada - ha concluso Salvini - qualche senatore disposto a dargli la fiducia venga in aula e lo dimostri».
Intanto ieri sera lo stesso Berlusconi ha sentito la Meloni e Salvini al telefono per essere aggiornato. «Non sono preoccupato per la mia salute - ha spiegato il leader azzurro, facendo rifermento alla notizia del suo ricovero in Francia, reso necessario soltanto per degli accertamenti clinici - semmai per quella del nostro Paese». Dai colloqui a distanza e dal vertice di ieri a Roma la posizione della coalizione è risultata ancor più netta.
Anche le sfumature sono state accantonate. Non è il momento, dicono tutti, per mostrare le differenze. Soprattutto si è discusso di quello che in molti ritengono un bluff del presidente del Consiglio. Senza l'appoggio parlamentare di Italia viva è necessario al gabinetto Conte il soccorso dei «responsabili». Che però potrebbero arrivare, assicurano gli intervenuti al vertice, soltanto dalle file del gruppo Misto. Nessuna fuga in avanti per fare da stampella a Conte, assicurano Tajani, Lupi, Toti e Cesa. «Non sappiamo se questo Paese un governo ce l'ha - ha commentato il governatore della Liguria uscendo dal vertice -. Cominciamo dall'abc: ha un premier? Ha ancora una maggioranza? Se ce l'ha dovrà dimostrarlo con il voto di fiducia alla Camera. E comunque nelle nostre file non troveranno responsabili».
Anche se questi «responsabili» saltassero fuori, il governo risulterebbe sicuramente più debole. «In un Paese normale - ha commentato Giorgia Meloni - il presidente del Consiglio avrebbe già dovuto dimettersi o già presentarsi alle Camere. E anche se Conte dovesse avere i numeri andremmo verso un governo ancora più debole. Per il centrodestra e per Fratelli d'Italia l'unica soluzione seria sarebbe andare al voto». E poi sull'ipotesi di un «governo istituzionale» la leader di Fdi si mostra ancora più scettica. «Lo abbiamo ampiamente già visto - ha spiegato - , ci sono stati già due governi che nascevano da forze politiche diverse, le cose si complicano e non si risolvono».
Antonio Tajani, vicepresidente di Forza Italia, sottolinea la delicatezza del momento e ricorda l'urgenza degli impegni del governo a iniziare il voto sullo scostamento di bilancio. «Noi ci saremo e siamo pronti a votarlo.
Il Consiglio dei Ministri deve soltanto approvarlo quanto prima quanto prima e portarlo in aula. Importante è che il presidente del Consiglio venga in fretta e si concluda questa crisi perché gli italiani non possono aspettare».
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