La Cedu assolve l'Italia. "Legittimo cancellare la doppia mamma"

I giudici europei: "Giusto togliere la madre non biologica dal certificato di nascita"

La Cedu assolve l'Italia. "Legittimo cancellare la doppia mamma"
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La maternità "intenzionale" non è un diritto da tutelare senza la stepchild adoption. La Corte europea dei diritti (mantenendo il rigore già adottato nel 2023 in un altro caso del Padovano) affonda in un solo colpo buona parte della recente giurisprudenza creativa e le ambizioni delle famiglie arcobaleno di vedersi riconosciuto il diritto alla doppia mamma, biologica e no, sull'atto di nascita.

La vicenda nasce da un ricorso della madre intenzionale che chiedeva il suo nome nel certificato di un bambino, partorito in Italia in seguito ad una procreazione assistita che la madre biologica ha fatto in Spagna nel 2018, considerando illegittima la decisione dello Stato di lasciare solo la mamma biologica. La donna e la compagna, insieme da 6 anni, avevano registrato il certificato di nascita con entrambi i cognomi attribuiti al bambino. Ma qualche mese dopo la magistratura ha chiesto di annullare il documento. Le due donne si sono opposte e il caso è arrivato fino alla Corte di Cassazione, che nel 2023 aveva respinto il loro ricorso. Alla Corte di Strasburgo la donna ha accusato l'Italia di violare il diritto al rispetto della vita familiare del bimbo.

Non è così, anzi. La sentenza sottolinea che gli Stati europei non sono tenuti a garantire l'inclusione dei genitori intenzionali nei certificati di nascita, a meno che non ci si impegni ad adottare il bambino per rendere il legame con i bambini stabile e riconoscibile. Dunque, di fronte all'adozione "particolare" riconosciuta partire dal 2014 da diversi tribunali italiani, "il desiderio (non il diritto, ndr) di vedere riconosciuto un legame tra il bambino e la madre intenzionale non si scontra con un'impossibilità generale e assoluta", visto che la scelta di adottarlo era stata scartata. "È legittimo dire no alle due madri, il Parlamento intervenga per tutelare il diritto dei bambini a una mamma e un papà e fermare la deriva del presunto diritto al figlio", dice al Giornale Toni Brandi di ProVita&Famiglia.

Peraltro, la Cedu riconosce che l'Italia con la sua decisione di cancellare la madre intenzionale dal certificato di nascita "non ha interrotto la vita familiare del bambino", che secondo la ricostruzione delle agenzie (il nome è stato omissato per tutelarlo) vivrebbe ancora con le due donne. La sentenza è soprattutto una bacchettata alla Corte Costituzionale italiana, che con il pronunciamento numero 68 del 28 maggio scorso è giunta a conclusioni radicalmente diverse, come ammette Alexander Schuster, uno dei legali delle "mamme arcobaleno". "Ma c'è comunque una nuova sensibilità sul tema", sottolinea amaramente il legale. Per Emanuele Bilotti, docente universitario romano tra i massimi esperti del tema, "dichiarando legittimo il rifiuto dell'Italia alla mamma intenzionale nel certificato di nascita la Cedu non ha riscontrato la violazione dell'articolo 8 sul diritto al rispetto della vita privata e familiare di un individuo che invece la Consulta aveva evidenziato, dichiarando incostituzionale il divieto per le coppie omosessuali di donne di essere riconosciute entrambe come genitori di un figlio nato dalla procreazione medicalmente assistita". Dunque, secondo i giudici europei la genitorialità intenzionale non vale quanto quella biologica.

Chi ha ragione? Strasburgo o la Consulta? Dal punto di vista europeo, la legislazione italiana in materia è in linea con il diritto Ue, così come è legittimo il divieto per le coppie omosessuali all'accesso alle tecniche di procreazione assistita, anticamera in molti casi dell'utero in affitto che questo esecutivo considera "reato universale" da perseguire anche se commesso all'estero. Con buona pace della giurisprudenza creativa che vorrebbe scavalcare il Parlamento su temi così delicati e divisivi.

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