Cei a gamba tesa contro la norma sull'omofobia. "No a nuove leggi, rischio di derive liberticide"

I vescovi: pensare a una famiglia con un papà e una mamma diventa reato

Cei a gamba tesa contro la norma sull'omofobia. "No a nuove leggi, rischio di derive liberticide"

Sul fatto che sia inaccettabile il più piccolo pregiudizio per ragioni di identità e di orientamento sessuale sono tutti d'accordo, i relatori della legge contro l'omotransfobia e la Conferenza episcopale italiana che di quella medesima legge teme «derive liberticide». La questione è piuttosto complessa: è necessaria una nuova legge per tutelare le vittime di questi e ben più odiosi reati oppure è sufficiente applicare con serietà le leggi che già esistono?

In aula alla Camera è previsto per luglio l'arrivo della proposta di legge contro l'omotransfobia, frutto dell'integrazione di cinque diverse proposte tra le quali quella del relatore del ddl, Alessandro Zan del Pd, che assicura che «non verrà esteso all'orientamento sessuale e all'identità di genere il reato di propaganda di idee come oggi è previsto dall'articolo 604 bis del codice penale per l'odio etnico e razziale. Dunque nessuna limitazione della libertà di espressione o censura o bavaglio». Al momento il testo si trova in commissione Giustizia, l'approvazione dei singoli articoli è in corso, e così è impossibile dire con esattezza che cosa ne uscirà. Come osserva l'azzurro Lucio Malan, l'unico testo disponibile firmato da Zan «è costituito principalmente dall'introduzione del reato di opinione». Se dalla Lega si teme uno «psicoreato», Leu e M5s difendono il provvedimento. Il timore che arriva dall'opposizione è di «un blitz» in aula con la fiducia su un testo non concordato.

Tra i timori sollevati dalla Cei nella sua nota, uno fra tutti. «Sottoporre a procedimento penale chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma - si legge - significherebbe introdurre un reato di opinione». D'altra parte la Cei prende posizione contro la violazione dei diritti delle persone omosessuali: «Le discriminazioni - comprese quelle basate sull'orientamento sessuale - costituiscono una violazione della dignità umana che in quanto tale deve essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni. Trattamenti pregiudizievoli, minacce, aggressioni, lesioni, atti di bullismo, stalking... sono altrettante forme di attentato alla sacralità della vita umana e vanno perciò contrastate senza mezzi termini».

Il 17 maggio scorso, in occasione della Giornata contro l'Omobitransfobia, era stato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a guidare interventi trasversali contro le «discriminazioni». Il premier Giuseppe Conte aveva chiesto al Parlamento una nuova legge.

I sostenitori del ddl parlano infatti di «vuoto normativo» e di assenza di «uno strumento specifico» evocato dal Parlamento europeo e dalla Corte di Stasburgo. Il pdl Zan si rifà a una definizione dell'omofobia come «una paura e un'avversione irrazionale nei confronti dell'omosessualità». È l'opportunità della nuova legge, più dei contenuti, a dividere.

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