Le censure dello staff della Trenta

Vietato criticare il ministro, che pontifica sulla «libertà di pensiero»

Le censure dello staff della Trenta

Parla di «libera informazione e libero pensiero», poi attacca i giornalisti sulla sua pagina Facebook, additandoli come diffusori di «fake news». Il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta (nel tondo), anziché usare il corretto metodo della richiesta di smentita, preferisce mettere alla gogna i cronisti che non si allineano, di fatto screditando la loro professionalità. Anche laddove gli articoli scritti siano veritieri e corredati da prove.

Ciò che c'è dietro assume la forma della censura. Il portavoce del ministro, Augusto Rubei, invia via whatsapp notizie quotidiane ai giornalisti, ma poi con quelli che scrivono qualcosa che non va si rende irreperibile, impedendo loro di informarsi sulle attività della Trenta e della Difesa.

Ancor più grave è che da tempo, nonostante le lamentele dei cronisti e dei fotografi accreditati come inviati in aree di crisi, laddove vi siano richieste per andare nei teatri operativi quali Afghanistan, Libano, Kosovo o altro, se non si è allineati la richiesta viene snobbata o archiviata. Il risultato è che a partire sono sempre i soliti, ovvero coloro che si limitano a fare comunicazione istituzionale, per lo più giornalisti Rai. Per gli altri non c'è storia. E gli stessi addetti alla comunicazione delle varie forze armate dicono «è arrivato l'ordine di non farti partire» o, ancor più grave, «ci impediscono di inviarti comunicati o di invitarti a cerimonie militari».

Le lamentele da parte dei giornalisti si moltiplicano. «Del ministro non si può parlar male - chiarisce una collega - e se lo fai o vieni bloccato o redarguito». Ma non erano i pentastellati a ribadire «onestà» e «apertura della comunicazione»?

La verità è che con la Trenta si sta ripetendo la censura attuata già dal ministro Roberta Pinotti. Insomma, mettere a tacere le voci libere, quelle che raccontano di militari scontenti che si rivolgono al ministro Matteo Salvini perché ignorati dal ministro di riferimento, ormai è diventato uno sport per i 5 stelle. Ma l'articolo 21 della Costituzione non sancisce la libertà di pensiero? E non vieta la censura? I giornalisti non devono avere pari diritti per informarsi e, quindi, riportare ai lettori la verità? Il tutto accade nel silenzio di Ordine dei giornalisti e Federazione nazionale della stampa, informati da tempo di quanto sta accadendo.

Alcuni cronisti stanno preparando un documento da inviare al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, agli organismi competenti e al responsabile editoria della Lega, Alessandro Morelli, per chiedere un intervento a tutela della libertà di stampa.

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