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Centri sociali con le molotov. Ma il sindaco Pd li "assolve"

I black bloc sono scesi in piazza con i bastoni contro la manifestazione del centrodestra Scontri con la polizia, un agente finisce in ospedale. Merola: tutti hanno diritto di sfilare

Centri sociali con le molotov. Ma il sindaco Pd li "assolve"

Bologna - Non poteva che finire così. Con gli antagonisti ad attaccare le forze dell'ordine schierate per difendere la manifestazione del centrodestra a Bologna. Bombe carta, petardi, uova, patate, sputi e bastoni. Sorprende? Non dovrebbe: era tutto annunciato. Pesa quindi come un macigno il silenzio del sindaco Virginio Merola e di tutta l'amministrazione Pd. Il silenzio di chi non ha preso le distanze dalle premesse e non ha fatto nulla per evitare le conseguenze. Di chi ha messo sotto un'ala protettrice i centri sociali. «Siamo antifascisti perché siamo contro il razzismo e la xenofobia, contro le discriminazioni», ha detto ieri Merola. Relegando a un semplice «permettiamo a tutti di esprimere il proprio punto di vista» l'invito a non impedire al centrodestra di manifestare. Troppo poco, quando da mesi fervono i preparativi per «resistere all'invasione leghista».

«Porteremo le molotov», si leggeva sui social. Promessa mantenuta. Nella notte sono stati incendiati i cavi elettrici dello snodo ferroviario dell'Alta velocità a nord di Bologna, creando disagi alla circolazione. La rivendicazione dice: «8-11, sabotare un mondo di razzisti e di frontiere». È solo l'inizio. Gli antagonisti si danno appuntamento alle 10 in tre punti della città. Una parte si raccoglie in piazza XX Settembre sotto lo striscione «Difendere Bologna dall'invasione leghista». La seconda costola del corteo parte dalla stazione. Mentre i centri sociali Crash, Cua, Xm24 e Social Log occupano il ponte di via Stalingrado. In totale circa mille persone. Ai piedi del ponte, gli antagonisti provocano lo scontro. Quasi 50 poliziotti rimangono schiacciati tra le due ali del corteo che vogliono forzare il blocco e raggiungere il centro città. Gli attivisti sono armati di bastoni, pietre e bombe carta. Nella vicina porta Mascarella è arrivato intanto il corteo partito da piazza XX Settembre. Scoppiano i petardi. Dopo alcune cariche di alleggerimento, le autorità instaurano una «trattativa» con i centri sociali. Ne nasce un «patto» che avrebbe dovuto permettere lo svolgimento del corteo con la «ritirata» della polizia. Un modo, assicurano dalla questura, per guadagnare tempo e far arrivare i rinforzi. A rompere il patto sono però gli antagonisti. La testa del corteo si scaglia contro gli scudi dei poliziotti. Alcuni massi colpiscono due agenti, un petardo scoppia ai piedi di un carabiniere. Numerosi i cori contro le destre riunite in piazza. Anche quello, odioso, di sfregio ai morti di Nassiriya. Un'ora di tensione, con due arresti e un agente portato all'ospedale, colpito da un oggetto al torace. Poi la polizia riesce a disperdere i manifestanti asserragliati sul ponte. L'altra parte del corteo si dirige verso piazza Verdi, luogo simbolo dell'antagonismo. Un gruppo di black bloc si spoglia dai vestiti neri di fronte alle forze dell'ordine. «Amarezza per gli scontri. Sono i soliti professionisti del disordine pubblico», dichiara Gianni Tonelli, del Sap. «Vergognoso il silenzio di Merola - dice Galeazzo Bignami, aspirante candidato sindaco di Fi - che non condanna quanto avvenuto e dichiara da che parte sta». La Bologna che coccola i centri sociali è questa: si definisce democratica, ma non lo è.

I militanti del pensiero unico si dicono tolleranti e poi intonano: «Per la destra non può esserci libertà d'espressione».

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