L'ideale sarebbe un Mattarella bis, ma andrebbero bene anche un Draghi al Quirinale mettendo però il governo in sicurezza. E sì anche Casini, se può aggregare oppure un tecnico super partes. Insomma, per i cosiddetti centristi, intesi in senso lato, tutto può cambiare purché nulla cambi e la legislatura sia salva.
Schiacciati tra i grandi partiti sgomitano per farsi notare, lanciano segnali per valorizzare i loro voti, pochi che potrebbero fare la differenza, cercano in ogni modo di evitare il cataclisma delle urne che potrebbe spazzar via piccoli partiti e neomovimenti, mentre con più di un anno alla fine naturale della legislatura si può sperare di crescere, allearsi, federarsi, lavorare per una riforma elettorale proporzionale, per meglio affrontare il taglio di un terzo dei parlamentari.
Ieri, nei 166 voti raccolti da Mattarella c'erano anche loro, i centristi, con parte dei 5s e della minoranza del Pd, per mandare un segnale di stabilità e continuità. Quasi un grido di aiuto, si potrebbe dire: fate finire il supplizio e garantiteci che andremo avanti.
Matteo Renzi è spazientito, a sera twitta: «L'indecoroso show di chi ha scambiato l'elezione del Presidente della Repubblica con le audizioni di X Factor dimostra una sola cosa: bisogna far scegliere il Presidente direttamente ai cittadini. Stanno ridicolizzando il momento più alto della democrazia parlamentare» .Ripete da giorni il suo «basta alle bambinate, all'indecoroso balletto dei nomi» e definisce «irresponsabile l'atteggiamento del centrodestra di non partecipare al voto», «scandaloso abbia fallito l'esame di maturità». L'asse con il leader del Pd Letta sembra rafforzato, mentre fino al giorno prima il centrodestra contava, poi deluso, sui voti di Italia viva per la presidente del Senato Elisabetta Casellati. Certamente, Renzi gioca su più tavoli. Sulla soluzione Draghi i suoi interessi convergono con quelli di Coraggio Italia, che fa parte del centrodestra ma guarda al progetto di federazione al centro lanciato dal leader di Iv.Pier Ferdinando Casini è un'altra personalità che potrebbe risolvere, mentre il nome di Elisabetta Belloni per Renzi è tra quelli «tirati lì senza discussione politica». Franco Frattini? Un tentativo di un «blitz gialloverde» finito male.
Mattarella per Giovanni Toti è «un bene rifugio, un porto sicuro», che otterrebbe «un'ovazione se ci fosse libertà di voto» e se il suo «senso di responsabilità» gli facesse cambiare idea sul doppio mandato. Ma se questa prospettiva di rivelasse irreale e se il piano Draghi non riuscisse perché «sostituirlo a Palazzo Chigi non è una cosa banale», anche il leader di Cambiamo trova che Casini funzionerebbe, mentre non vede molte chance per il giurista Sabino Cassese. «Viste le cariche che Casini ha ricoperto e i voti presi dal centrodestra e dal centrosinistra - spiega-, ha il pedigree giusto per essere un rappresentante bipartisan di un mondo largo».
Un mondo largo, con quel «mondo di mezzo», più affollato di quel che risulta sulla carta. Toti vede oggi un «conflitto antropologico, tra l'homo draghianus, quello che ama l'azione, l'impresa, la modernità e l'homo casinianus, più legato ai riti della prima Repubblica». Bisognerà vedere come finisce.
Gli altri centristi, più organici al centrodestra, dall'Udc a NcI, premono per una soluzione rapida. «La nostra richiesta è che non si perda più tempo.
Il mandato che abbiamo dato a Salvini è di stringere», dice il presidente di NcI Maurizio Lupi. Paola Binetti, senatrice dell'Udc, insiste che non si può andare avanti con schede bianche e astensioni: «Il diritto di veto su questo o quello è un vero e proprio abuso».
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