È sonoro, come schiaffo a Giuseppe Conte. Un no in piena regola all'invito del premier alle opposizioni per gli Stati generali di domani. Lega, Fratelli d'Italia e Forza Italia rispondono di essere pronti a confrontarsi con il governo «in qualsiasi momento, ma soltanto in occasioni e sedi istituzionali».
Il luogo giusto, precisa Matteo Salvini, «è il Parlamento, non sono le ville o le sfilate». E aggiunge una stoccata al portavoce del presidente del Consiglio: «60 milioni di persone non possono dipendere dall'umore di Rocco Casalino».
Niente Villa Doria Pamphilj, dunque, in mezzo a una folla di esperti, politici, sindacalisti, esponenti delle istituzioni europee, archistar e inventori del cibo-spettacolo. No a prestarsi graziosamente a fare da cornice all'autocelebrazione di Conte. Toni e sostanza acuiscono lo scontro tra opposizioni e governo, un po' ammorbidito nel pieno dell'emergenza Covid. Prevale la linea dura di Salvini e Giorgia Meloni, malgrado gli sforzi di Silvio Berlusconi che finora ha lavorato per una collaborazione responsabile.
Ma in questo momento, è la compattezza del centrodestra a dover essere difesa e durante il vertice tra Salvini, Meloni e il vicepresidente azzurro Antonio Tajani nell'ufficio del Capitano si decide che già troppe volte il governo giallorosso ha mostrato di non tenere in considerazione le proposte della coalizione e non gli si offrirà una nuova occasione. «Gli italiani - attacca il leader leghista - non hanno bisogno di altri show e passerelle, c'è bisogno subito della cassa integrazione per milioni di lavoratori, soldi veri per imprenditori e famiglie, scuole aperte e sicure». Per confrontarsi e discutere del rilancio dell'Italia dopo la pandemia, esistono già le Camere e non servono kermesse folcloristiche, fanno sapere i leader di centrodestra. Eppure, fino al giorno prima sembrava che, malgrado le resistenze di Salvini e soprattutto della Meloni, Berlusconi e Tajani avrebbero portato tutti sulla via della partecipazione al summit, magari non ai massimi livelli, inviando i capigruppo o i responsabili economici dei partiti. Non è finita così. Ma Tajani all'uscita ribadisce: «Abbiamo sempre detto di essere disponibili al confronto, vogliamo dare il nostro contributo, abbiamo sempre risposto positivamente agli appelli: siamo disponibili a confrontarci con il governo sui contenuti prima degli Stati generali, a Palazzo Chigi».
Nell'incontro di ieri pomeriggio non si è raggiunto un accordo di coalizione sui candidati delle elezioni regionali e dopo due ore di confronto si è deciso di aggiornarsi. Una fumata nera che lascia irrisolte le questioni soprattutto dei governatori in corsa in Campania, dovrebbe essere Stefano Caldoro di Fi, in Puglia, dovrebbe essere Raffaele Fitto di FdI e nelle Marche, dove la Meloni propone Francesco Acquaroli. Nomi sui quali Salvini fa obiezioni, sostenendo che soprattutto i primi due, già presidenti di regione, non darebbero un segnale di novità. In realtà non sembra voler rispettare il patto firmato tra i tre partiti prima delle regionali in Emilia Romagna, alla ricerca di nuovi spazi per la Lega al Centro-Sud. Probabilmente, si arriverà a una compensazione tra i partiti anche sui candidati delle amministrazioni.
Alla fine, si spiega: «Il Centrodestra è unito e vuole vincere, la coalizione è coesa. Abbiamo iniziato l'analisi sulle regioni e anche sulle città dove si andrà a votare a fine settembre. Abbiamo sospeso i lavori perché c'erano senatori che dovevano andare in aula, ma siamo ottimisti».
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