Roma - In Trentino Alto Adige i Dem locali hanno iniziato una raccolta di firme: Boschi candidata qui? No, grazie. Ad Arezzo, dove sarebbe di casa, il segretario Pd locale la definisce «una candidatura complicata». In Basilicata fanno sapere che non c'è posto: «L'unico seggio sicuro è al Senato, e Maria Elena non ha 40 anni...», tagliano corto.
A parole, tutti (con qualche eccezione e qualche ingombrante silenzio tra i big) la difendono, ma quando si tratta di passare ai fatti e trovarle un posto in lista, la musica cambia. «Nessuno può chiederle un passo indietro, ma se non si candidasse sarebbe meglio per tutti», confidano a taccuini chiusi alcuni parlamentari. Parafrasando il cupo interrogativo del 1939, «Morire per Danzica?», nessuno vuol morire per Maria Elena. Come finì allora si sa. Oggi, assai meno tragicamente, finirà che comunque la Boschi verrà candidata, e presumibilmente eletta. Non solo perché il leader del Pd Matteo Renzi, su questo, è stato categorico; ma anche perché è chiaro a tutti che non farlo sarebbe una sorta di cedimento di fronte alla furiosa campagna anti-Boschi della stampa (con tanto di vignette di pessimo gusto e di chiara impronta misogina) e di partiti di opposizione come i Cinque Stelle, e verrebbe immediatamente letto come un'ammissione di colpa. Proprio mentre dalle audizioni in Commissione Banche, fanno notare al Nazareno, emerge che quella colpa non c'è: «Anche il governatore Visco ha spiegato con grande chiarezza che il comportamento della Boschi fu assolutamente corretto, e che non ci fu mai alcuna pressione o richiesta indebita da parte sua». Certo, oggi l'aria potrebbe essere diversa, visto che in Commissione viene ascoltato l'ex ad di Unicredit Ghizzoni e che gli verrà chiesto di confermare o smentire i gossip raccontati da Ferruccio De Bortoli, ma la Boschi ha già messo le mani avanti elencando i suoi incontri con il banchiere e avvisando che anche lui non potrà accusarla di ingerenze indebite. Ieri comunque la sottosegretaria appariva radiosa e serena all'appuntamento per gli auguri al Quirinale, dimostrando una notevole resistenza alla bufera che la circonda, e la sua carta più forte - nonostante l'attivismo su Etruria - rimane il fatto che fu proprio il «suo» governo a commissariare la banca, con conseguente perdita del posto per il babbo.
Ma nel Pd la bella ex ministra viene vista come uno spauracchio elettorale. Lo testimonia anche un focus group riservato, commissionato dal Pd alla Swg pochi giorni fa: ne è uscita la conferma che l'impatto dell'affaire banche è deleterio e che l'immagine del «Giglio Magico», ma soprattutto della Boschi, è pesantemente negativa. «Prima Maria Elena era un asset positivo, ora è un serio problema dal punto di vista elettorale», la sintesi.
E le prese di distanza rischiano di moltiplicarsi, con l'avvicinarsi della preparazione delle liste. Sulla sua candidatura bisogna ragionare bene, ha avvertito il ministro Andrea Orlando. E Gianni Cuperlo ha spiegato che l'errore primario è stato, un anno fa, nell'ostinazione di voler restare in prima linea: «Avrebbe fatto bene a seguire l'esempio di Renzi e, dopo la sconfitta della sua riforma. Insomma: anche il caso banche, che ora funesta il Pd, avrebbe avuto infinitamente meno rilievo se Maria Elena fosse rimasta ferma un giro.
E mentre Renzi cerca di arginare il caso Boschi, nel Pd se ne apre un altro.
L'ex portavoce del leader, Matteo Richetti prende le distanze: «Non puoi dire mi candido ad Arezzo per Etruria, a Milano contro Berlusconi e poi alla fine ti candidi a Firenze che è la tua città. Manca l'etica della parola data». Parole dure, pare seguite da un chiarimento.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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