Domani sarà uno dei giorni più importanti della storia recente del Regno Unito: il parlamento sarà chiamato a votare la bozza di accordo sulla Brexit che Londra ha raggiunto con l'Unione europea, lo scorso 25 novembre. Theresa May ha cercato, nei 20 mesi di negoziazioni successivi al referendum del 23 giugno 2016, di portare a casa a tutti i costi un accordo con Bruxelles, incurante dell'umore parlamentare. Sorda alle invettive di chi voleva una Brexit dura e di chi, dall'altra parte, auspicava di rimanere quanto più vicino possibile all'Europa, la premier inglese ha raggiunto un accordo che scontenta tutti. Ma che, come ripete da settimane, è l'unico sul tavolo. Secondo i calcoli governativi i parlamentari avrebbero votato per evitare il male maggiore: gli antieuropeisti per scongiurare che la Brexit si potesse impantanare in un secondo referendum, i remainers per evitare il rischio di un divorzio senza accordo. Ma non sarà così. Secondo tutti gli osservatori domani il parlamento boccera' la bozza: i laburisti, gli scozzesi dell'Snp, i lib-dem, i deputati gallesi e quelli del Dup dell'Irlanda del Nord che in questi mesi hanno assicurato la sopravvivenza del governo di minoranza di May. E una grande fetta dei conservatori. Tutti voteranno contro, per le ragioni più diverse ma che porteranno alla bocciatura dell'accordo con Bruxelles. Nelle ultime ore il Times ha raccontato di un possibile ultimo tentativo di May per strappare ulteriori concessioni all'Europa, da rivendere poi in patria. E questo vorrebbe dire spostare il voto di domani. Ma l'appuntamento in parlamento non sarà rinviato, ha confermato nella serata di ieri Stephen Barclay, il nuovo ministro per la Brexit. Il voto di domani, pur se segnerà una sconfitta per May, sarà tuttavia importante per definirne il futuro. Dovesse perdere con un uno scarto accettabile, potrà ancora rimanere in sella. In caso contrario, sarà un altro premier, e forse un'altra maggioranza, a plasmare il futuro del Regno.
1_ La bozza bocciata per poco. La Premier resta in sella
Se la bozza dovesse essere bocciata con uno scarto non eccessivo, cioè non superiore ai 50 voti, Theresa May rimane alla guida del Paese. Mercoledì May si reca a un consiglio Ue (già in calendario) per chiedere ulteriori concessioni che le consentano di riguadagnare consensi in Parlamento. Nel contempo il panico che si scatena sui mercati e il crollo della sterlina aumentano la pressione sui parlamentari di tutti gli schieramenti che, per spirito di servizio, approvano in una seconda votazione la bozza di accordo emendato. Questo scenario si avvicina a quanto successe negli Usa per l'approvazione della legislazione sul «bail out» finanziario del 2008, prima bocciata dal Parlamento, poi approvata dopo il panico che si scatenò sui mercati.
2_ Batosta in Parlamento e nuovo governo Tory
Se lo scarto è superiore ai 50 punti, forti della vittoria parlamentare, gli oppositori della premier Labour in testa chiedono un voto di sfiducia. Lib-dem e Dup votano contro May e il governo cade. Il partito conservatore, che ha vinto le ultime elezioni, ha 15 giorni di tempo per formare un nuovo governo. Chi sarà nuovo leader? Una figura come Boris Johnson, vicina agli anti europeisti, può avere il favore di chi osteggia la clausola di backstop per evitare un nuovo confine in Irlanda. Ha contro, però, i parlamentari Tory più vicini a Bruxelles e tutto il blocco Labour. Di contro, un leader conservatore più amico dell'Europa può guadagnare voti a sinistra ma si aliena chi vuole un'uscita netta dall'Europa. Qualsiasi governo cerca di accordarsi con l'Europa per posticipare la Brexit a dopo marzo 2019.
3_ Niente nuovo esecutivo, si torna dritti alle elezioni
Dopo il voto di fiducia e la caduta di May, il partito conservatore non riesce a dar vita a un nuovo governo. Si va quindi a nuove elezioni. Lo stesso scenario si verifica se May, dopo aver perso con ampio margine, indice elezioni anticipate. In questo secondo caso i 2/3 del Parlamento devono approvare la richiesta: parte del partito conservatore e il Labour che dalla conferenza di partito di fine settembre ha messo le urne in cima ai suoi desideri sostengono la mossa della premier. Il Regno va a nuove elezioni, che non si potranno tenere prima di 25 giorni dalla decisione parlamentare. La campagna elettorale verte sulla Brexit: Corbyn è il favorito nella corsa a Downing Street, il partito conservatore deve cercare una sintesi politica o rischia la spaccatura. In questo caso Bruxelles concede di posticipare la Brexit.
4_ Uscita senza accordo. Uno choc imprevedibile
Dopo il voto di fiducia e la caduta di May, il partito conservatore non riesce a dar vita a un nuovo governo. Si va quindi a nuove elezioni. Lo stesso scenario si verifica se May, dopo aver perso con ampio margine, indice elezioni anticipate. In questo secondo caso i 2/3 del Parlamento devono approvare la richiesta: parte del partito conservatore e il Labour che dalla conferenza di partito di fine settembre ha messo le urne in cima ai suoi desideri sostengono la mossa della premier. Il Regno va a nuove elezioni, che non si potranno tenere prima di 25 giorni dalla decisione parlamentare. La campagna elettorale verte sulla Brexit: Corbyn è il favorito nella corsa a Downing Street, il partito conservatore deve cercare una sintesi politica o rischia la spaccatura. In questo caso Bruxelles concede di posticipare la Brexit.
5_ La politica getta la spugna. Via al secondo referendum
Per rompere l'impasse in cui è finito il Parlamento, senza una maggioranza chiara a favore di una o dell'altra parte, la politica getta la spugna e indice un nuovo referendum per chiedere al popolo britannico se e come vuole uscire dall'Unione Europea. È l'obiettivo che da mesi persegue il movimento People's vote e altri gruppi extraparlamentari. Gli ultimi sondaggi danno vincente il «remain» (anche se non di molto), i sostenitori del «leave» si dicono già pronti a una nuova campagna referendaria. Bruxelles concede di sospendere il conto alla rovescia della Brexit, in attesa del risultato. Le tempistiche non sono chiare, si devono innanzitutto definire i quesiti che dovranno essere presenti sulla scheda.
6_ Coalizione bipartisan e il Regno resta nella Ue
Theresa May è costretta a (o decide di) lasciare e si forma un governo bipartisan, sostenuto dai conservatori pro Europa e dal Labour. Considerando che non c'è un consenso parlamentare sulle modalità di uscita dall'Unione Europea, il nuovo governo decide di cancellare la Brexit e rimanere all'interno dell'Unione. Bruxelles accetta la richiesta e riaccoglie a braccia aperte il figliol prodigo.
Nel Regno, tuttavia, si aprono drammatici dibattiti sul voto popolare del 2016 tradito da un Parlamento che non ha saputo dar corso alla volontà popolare. I mercati tirano un sospirone di sollievo, la sterlina festeggia per lo scampato pericolo. In questo caso, però, sono gli effetti politici di lungo periodo a essere imponderabili.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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