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"Che errore quell'attacco contro Tripoli. Solo Berlusconi aveva previsto la débâcle"

L'ex sottosegretario Guido Crosetto: "La nostra influenza in Africa cresceva e dava fastidio"

"Che errore quell'attacco contro Tripoli. Solo Berlusconi aveva previsto la débâcle"

Roma - Onorevole Guido Crosetto, lei nel 2011 da sottosegretario alla Difesa del governo Berlusconi si batté strenuamente contro l'intervento in Libia. Cosa ricorda di quei giorni?

«Io ero fortemente contrario ma il resto del mondo era favorevole. Prima la Francia e la Gran Bretagna e a seguire gli Stati Uniti, ma anche in Italia si adeguarono in molti, non solo il Capo dello Stato che non nascose mai la sua posizione, ma quasi tutte le forze politiche, compresa la presidenza della Camera e gli Esteri. Pochissimi erano contrari, tra questi Berlusconi che era però nel suo momento di massima debolezza».

Perché lei si schierò contro?

«Solo Gheddafi poteva tenere insieme le centinaia di tribù, un Paese che oltretutto allora aveva il più alto reddito pro capite dell'Africa. E poi era evidente che si trattava di un intervento contro di noi, contro i nostri interessi, contro l'Eni. Allora il 25% del nostro fabbisogno energetico veniva coperto dalla Libia, oggi solo il 7%. A quei tempi, inoltre, già si sussurrava che ci fosse qualcosa di strano nella determinazione di Sarkozy contro Gheddafi, ma erano semplici dicerie di sottobosco».

Come riuscì Sarkozy a convincere gli alleati?

«Trovò la sponda britannica e poi quella di Hillary Clinton. Berlusconi si ritrovò solo contro tutti, probabilmente non riuscimmo a fare sponda con la Germania in quel frangente».

Cosa accadde al Teatro dell'Opera di Roma?

«Erano in corso i festeggiamenti per il 150esimo dell'Unità d'Italia. Si tenne una consultazione di emergenza. Erano presenti Giorgio Napolitano, Silvio Berlusconi, Franco Frattini, Ignazio La Russa. Non mi fu concesso di partecipare».

Fu il presidente Napolitano a non volerla?

«La mia presenza non era gradita, forse avevo espresso in maniera troppo colorita la mia contrarietà».

La sinistra italiana si schierò per l'intervento.

«Sì, e fece di tutto per far passare Berlusconi come l'amico del feroce e sanguinario dittatore, senza considerare il nostro interesse nazionale».

La Francia come si relazionò con l'Italia?

«Ricordo un particolare: mentre Berlusconi era all'Eliseo a discutere dell'intervento si alzarono in volo aerei francesi che sorvolarono lo spazio aereo italiano senza comunicarcelo. Una cosa gravissima».

Perché l'Italia finì nel mirino?

«L'influenza italiana su tutto il Nord Africa stava crescendo, eravamo l'unico serio interlocutore della Libia, avevamo anche completato il gasdotto Greenstream. Ci stavamo allargando troppo».

Macron sta cercando di ricostruire l'influenza francese sulla Libia.

«Ciò che mi colpisce è che non ho mai visto Macron parlare di interesse europeo. Ragiona solo in termini di interesse francese. E così dovrebbero fare tutti i Capi di Stato. Di certo il rapporto Francia-Italia è estremamente belligerante, noi sembriamo un Paese di conquista con interventi duri sulle acque territoriali, su Fincantieri, Mediaset, Generali, Mediobanca».

Lei si è schierato anche contro l'intervento in Niger.

«Mi impressionano le difficoltà logistiche e poi l'interesse da difendere è soprattutto francese. Non credo che la Difesa e l'Esercito abbiano avallato con entusiasmo l'intervento».

Pensa che il governo che sta per nascere sarà in grado di mettere in campo un progetto per Libia e Mediterraneo?

«Sarebbero necessarie scelte strategiche che guardino ai prossimi 10, 20 anni, ma la vedo difficile».

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