Monsignor Antonio Suetta, vescovo di Ventimiglia e Sanremo, difende la tradizione cristiano-cattolica e occidentale del presepe natalizio.
Monsignore, il presepe è ancora attuale?
"Attuale almeno su tre livelli. Per i credenti è contemplazione del mistero della salvezza. Poi c'è un livello culturale: dal tempo di San Francesco il presepe è una tradizione italiana che ha dato vita a storia, arte e identità. Infine è la chiave di lettura di una festa che sta sul calendario: Natale significa che qualcuno è nato. Che Gesù sia nato è un dato storico. Celebrare questo non è opinione, è buon senso".
Però ci sono amministrazioni, come a Genova, che lo cancellano.
"Bistrattare un simbolo significa andare contro le proprie radici e contro se stessi".
E chi modifica il presepe in chiave ideologica? A Bruxelles, nella Gran Place, hanno oscurato i volti di Gesù e Maria.
"Oscurarlo è un atto assurdo dal punto di vista umano, oltre che teologico. È un tentativo maldestro di piegare un mistero alle logiche del momento. Il presepe non va corretto: va contemplato, custodito e trasmesso".
Ma può essere ritenuto problematico fare il presepe in un'amministrazione pubblica?
"No. Non fare il presepe è una scelta; farlo non viola nulla e non offende nessuno. Viviamo in un contesto sociale e culturale segnato dalla tradizione cristiana: ha senso che il presepe sia presente. Un'amministrazione che lo espone trasmette alle nuove generazioni il contenuto del Natale, che è parte della storia del Paese".
Perché lei dice "no" ai presepi orientati alla causa Lgbtq?
"È un accostamento estraneo al mistero del Natale e non aiuta a comprendere la verità dell'incarnazione. La natività non è un simbolo da usare per cause ideologiche".
Però i presepi filo Lgbt sono sempre di più. Cosa direbbe a chi modifica il presepe in questa chiave?
"A chi lo stravolge in senso ideologico o lo aggiorna secondo mode del momento risponderei con le parole di Papa Francesco: Il gender è un'aberrazione della mente umana".
È possibile accostare il presepe a temi attuali? Per esempio, l'immigrazione.
"Sì, se c'è rispetto.
Avvicinare la nascita di Gesù a una situazione attuale può aiutare a capire che celebriamo l'incarnazione del figlio di Dio nella storia dell'uomo. Ma non tutto è accostabile. Alcune scelte rischiano di diventare dissacranti o fuorvianti".