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Chiamatelo "Renzi of cards" Abbiamo un premier da serie tv

Nella serie tv, Spacey presidente senza elezioni. I media degli Stati Uniti: "Implausibile". Ma Renzi...

Chiamatelo "Renzi of cards" Abbiamo un premier da serie tv

In America la criticano. Nella nostra Italietta la adoriamo. Anzi, pendiamo dalle sue trame. Le trame di House of Cards , serie televisiva con Kevin Spacey nel ruolo di Frank Underwood, machiavellico presidente americano, ora in programmazione su Sky Atlantic . Bellissima. Magnetica. Un thriller politico. Una gara d'intelligenza. Per noi è così. Giunta alla terza stagione, dalle parti di Washington, critici tv, reporter e opinionisti politici cominciano a storcere il naso perché la ritengono «implausibile». Lontana dalla realtà della Casa Bianca e dintorni. Insomma, c'è un politico pragmatico e post-ideologico che, per vendicarsi dalla mancata nomina a Segretario di Stato da parte del presidente che ha fatto eleggere, lo fa fuori e ne prende il posto. Non solo: senza essere stato eletto, avvia una riforma radicale del mercato del lavoro, fregandosene del consenso del suo partito. Tutto questo, per gli osservatori americani è inverosimile. Negli Stati Uniti, mai un presidente ha occupato la Casa Bianca senza vincere regolari elezioni. È questa la principale critica piovuta sulla serie prodotta dal canale on demand Netflix e tratta dai romanzi di Michael Dobbs, ex capo dello staff di Margareth Thatcher (pubblicati in Italia da Fazi). Il Washington Post , tramite Seth Masket, una delle sue firme politiche più influenti, ha elencato una serie di altre incongruenze, ancor più specifiche, relative al funzionamento della Casa Bianca e non solo: a Washington non ci sono solo due persone intelligenti; non sono i leader del Congresso a scegliere i candidati alla presidenza; il presidente non può candidare sua moglie per un importante incarico diplomatico, eccetera.

Qui, però, ciò che più conta è comprendere perché invece noi siamo stregati da Underwood e dalla sua fascinosissima e ambiziosissima moglie, Claire (Robin Wright). Il fatto è che tutto ciò che negli States risulta «implausibile», da noi è norma. A cominciare dall'occupazione di Palazzo Chigi senza previe elezioni (Monti, Letta, Renzi). Ancora di più, House of Cards calza come un guanto sull'Italia renziana. Quasi un copione, un manuale d'istruzione del premier. Underwood è un pokerista, anzi, un bluffatore nato. Fa le scarpe al predecessore, subentrandogli, ma riuscendo, in un primo tempo, a spacciarsi per suo principale alleato. Una volta piazzato nello Studio Ovale apprende dai capi storici del suo partito che non sarà lui il candidato alle prossime presidenziali. Sul momento s'irrigidisce, ma poi mostra di accettare. «Se il vento tira da una parte, non si può andargli contro...», ragiona, iniziando l'opera di rottamazione degli oppositori interni. La sua prima vera mossa di governo è l'America Works, un piano per creare milioni di posti di lavoro anche a costo di ridurre il welfare, e «fare gli interessi dei cittadini e del Paese». Nella corsa al potere, scarica il più fidato collaboratore non più utile, dopo averlo usato per i lavori moralmente più discutibili...

Quiz finale: secondo voi Matteo Renzi ha visto la serie in anticipo o ha letto i libri di Dobbs?

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