Roma Nei giorni in cui affiorano le tensioni tra Banca d'Italia e il sistema di potere finanziario che gravita attorno a Matteo Renzi, un nuovo episodio si aggiunge all'impressionante elenco delle fragilità del mondo bancario toscano.
L'ex componente del board Bce, Lorenzo Bini Smaghi, presidente dell'istituto di credito cooperativo Chianti Banca, è stato battuto ieri in assemblea dei soci nella votazione per il rinnovo del consiglio di amministrazione che vedeva contrapposte due liste. La lista «Bini Smaghi» ha ottenuto 1.178 voti, mentre la lista concorrente «Fedeltà alla storia e alla cooperazione», legata all'ex direttore generale Andrea Bianchi (di fatto «rimosso» da Via Nazionale, ne ha ottenuti 1.519 rimettendo in discussione l'assetto dell'istituto. Bini Smaghi, in realtà, partiva sfavorito perché tutto il vecchio mondo cooperativo gli remava contro nonostante l'esplicito appoggio del governatore Ignazio Visco. E proprio nel corso dell'intervento in assemblea l'ormai ex presidente di Chianti Banca ha dato lettura di una missiva di Bankitalia, inviata insieme ai risultati dell'ispezione (che però sono riservati) terminata all'inizio di aprile. In pratica, via Nazionale non esclude «futuri interventi» su una banca che ha chiuso il 2016 con oltre 90 milioni di euro di perdite e il cui organo di vigilanza ha portato in Procura a Firenze i risultati delle proprie valutazioni allo scopo di verificare se esistano i presupposti di intervenire per ostacolo alla vigilanza e false comunicazioni sociali.
I problemi, come per Monte dei Paschi e Banca Etruria, sono sempre gli stessi: procedure di concessione del credito non sempre efficienti e, in questo caso, anche la computazione non conforme agli standard di 100 milioni di un Btp 2046 acquistato nel 2015 e che ha comportato perdite. Di questa situazione viene ritenuto responsabile Bianchi che con altri cinque consiglieri di amministrazione si è dimesso lo scorso 10 marzo. Ora si teme che il vecchio mondo fiorentino e toscano torni alla carica: basti pensare che il promotore della lista alternativa a Bini Smaghi, Gian Pietro Castaldi, non correrà alla presidenza così come non c'è una proposta di nuovo direttore generale. E anche l'adesione alla holding cooperativa Cassa centrale banca, caldeggiata da Bankitalia e approvata dall'assemblea, potrebbe essere rimessa in discussione.
Come sottolineato dal Giornale, i «lealisti» di Bianchi sono sponsorizzati dalla Federazione Toscana delle Bcc il cui presidente è Matteo Spanò, fedelissimo dell'ex presidente del Consiglio, e il cui capo dell'ufficio legale è Simone Pistelli, fratello di Lapo (ex sottosegretario agli esteri di Renzi e oggi vice presidente dell'Eni). È chiaro che un intervento di Palazzo Koch, così come prospettato dalla lettera di cui si è data ufficialmente notizia in assemblea, potrebbe aprire un nuovo fronte tra Ignazio Visco e Matteo Renzi. Quest'ultimo, volontariamente o involontariamente, si trova alle spalle un sistema finanziario e bancario messo a dura prova dalla crisi ma che non vuole mollare la propria presa sul territorio. Circostanza, questa, dimostrata tanto dalle vicende relative alla Banca Etruria quanto alla situazione odierna di Mps. Non è mistero che tra i motivi che sono costati il posto all'ex ad di Poste, Francesco Caio, ci sia proprio il limitato intervento nel salvataggio dell'istituto.
Allo stesso modo non è casuale che nella deputazione della Fondazione Mps sia entrato Vincenzo Del Regno, nel 2012 nel comitato elettorale di Renzi a Siena ma soprattutto dal 2015 segretario generale della Città Metropolitana di Firenze.L'acrimonia di Visco nei confronti dei media al termine del G7 finanziario di Bari probabilmente si spiega anche in questo modo.