"La Chiesa torna alle origini Ma non diventa anglicana"

Il sociologo e studioso delle religioni Massimo Introvigne commenta l'apertura del Pontefice: "Riforma forte che non tocca i dogmi. In futuro donne potenti in Vaticano? Ci sono già..."

"La Chiesa torna alle origini Ma non diventa anglicana"

«Non possiamo dire che non cambi nulla ma si tratta di una riforma, non certo di una rivoluzione. Le donne non diventeranno sacerdotesse». Massimo Introvigne, sociologo, scrittore, docente presso l'Università Pontificia oltre che fondatore e direttore del Centro Studi sulle Nuove Religioni, interpreta così l'apertura di Papa Francesco al diaconato femminile. Novità, inserite nel binario di una continuità mai rinnegata e che ha profonde radici storiche.

Esiste un ostracismo storico della Chiesa nei confronti delle donne?

«Solo per quanto riguarda il sacerdozio, da sempre e in maniera unanime considerato esclusiva maschile. Ma la Chiesa primitiva aveva le diaconesse e San Paolo nella lettera ai romani ne saluta esplicitamente una. Ci sono anche stati Concili vaticani in cui si è parlato del loro ruolo. La grande differenza è data dal fatto che nella Chiesa cattolica di oggi, la maggioranza dei diaconi si prepara al sacerdozio mentre per lo donne questo non accadrebbe».

Quindi diaconesse ma non sacerdotesse.

«Tutta la materia storica è oscura, l'unica cosa certa è che le diaconesse non si preparavano al sacerdozio. Avevano un ruolo organizzativo anche molto importante ma nulla a che vedere col sacerdozio».

Qual è il significato delle parole del Papa?

«Di certo non è un intervento né casuale né estemporaneo, le domande è solito leggerle prima, non improvvisa nulla. Il ruolo della diaconessa sarebbe comunque una carica innovativa e riformista molto forte. Sempre fermo restando il diniego, per voce dello stesso Francesco, di una apertura al sacerdozio femminile».

In altre confessioni, quella anglicana per esempio, le donne possono diventare anche vescovo. È un avvicinamento?

«Sicuramente ha una valenza ecumenica ma con una notevole differenza di fondo. I protestanti saranno contenti ma rimarrà fermo il fatto che le donne non saranno sacerdotesse».

Nell'ambito delle riforme di Francesco potranno quindi esserci donne in Vaticano con ruoli di potere?

«Ci sono già. A volte hanno avuto risultati positivi altre volte no. E non voglio tornare a recenti scandali. Nessuna motivazione teologica lo vieta, tutto dipende dalla caratura della persona. La rivoluzione è iniziata già con Giovanni Paolo II, del resto nel medioevo esistevano badesse di convento che esercitavano un grande potere e avevano una notevole influenza».

Spesso la Chiesa risulta un ambiente poco incline alle novità. Come sarà accolta questa apertura?

«Da tempo si vedono reazioni contrarie alle riforme di Francesco e qualcuno ha parlato anche di scisma ma nonostante la grande eco che certe voci trovano su internet, il numero di fedeli che sono davvero disposti alla ribellione è molto limitato. Si grida allo scisma quasi come a gridare al lupo al lupo».

E la signora di Paese che va a messa la domenica? Come reagirà?

«Credo che nessuno abbandonerà la chiesa perché viene istituita una commissione che valuterà l'introduzione delle diaconesse».

Questa apertura può essere la firma forte sul pontificato di Francesco?

«Le sue firme sono già molte ma ci sono due errori da non fare. Il primo è dire che non sta cambiando nulla. Il secondo è dire che si tratta di una rivoluzione che tocca i dogmi e che Francesco è uno che sfascia tutto. C'è grande differenza tra riforma e rivoluzione».

Ma Papa Francesco è o non è un rivoluzionario?

«La sua riforma è profonda ma nell'ambito della continuità, come

del resto aveva già detto Benedetto XVI. Il soggetto Chiesa rimane lo stesso, Francesco non modifica o smentisce dogmi e comandamenti. Ma all'interno di questo ambito c'è spazio per il cambiamento e lui lo sta praticando».

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