Coronavirus

Chiude il bar per il lockdown Multato: "Non l'ha segnalato"

Il paradosso per un esercente milanese: non ha mai riaperto per la crisi economica. Sanzione di 68 euro

Chiude il bar per il lockdown Multato: "Non l'ha segnalato"

Chiuso per lockdown, poi per crisi e in più multato per aver comunicato in ritardo la sospensione dell'attività del proprio bar. «Solo» 68,33 euro, ci mancherebbe, ma che hanno il sapore amaro di una beffa che si aggiunge agli ingenti danni economici subiti in questi mesi e non ancora alle spalle. «Una follia, un provvedimento vessatorio verso chi sta già pagando un prezzo altissimo alla pandemia», denuncia Pino Scalise, titolare di un locale nel centro di Milano che si trova di fronte a una nota discoteca (anch'essa rimasta chiusa).

Racconta l'esercente milanese: «Ho chiuso il bar in osservanza al Dpcm e mi hanno sanzionato per non aver comunicato la chiusura entro i termini stabiliti. Con tutto quello che è successo, purtroppo mi sono trovato costretto a sospendere l'attività di questo mio locale e preso dalla gestione della grave crisi che ci ha investito, ho omesso di comunicarlo, come invece prevederebbe la legge. Una comunicazione che, per gli stessi miei motivi, probabilmente centinaia di migliaia di pubblici esercizi in Italia hanno tralasciato. Non ne faccio certo una questione di soldi, è piuttosto un problema politico. Mi chiedo se sia accettabile che un imprenditore debba chiudere per legge, contro la propria volontà, e debba per giunta essere punito con una sanzione. Il verbale amministrativo fortunatamente ammonta a soli 68 euro, ma lo segnalo perché lo ritengo ingiusto, paradossale, inutile e vessatorio».

La multa è stata comminata dalla Camera di commercio di Milano, Monza Brianza e Lodi. E recita, implacabile, che il titolare «ha omesso di comunicare al Repertorio economico amministrativo (Rea) entro i termini prescritti la seguente notizia: sospesa attività nella unità locale di Milano via» eccetera. Succede che con il primo lockdown di marzo il bar abbassa la serranda per decreto. Circa due mesi dopo, considerato che gli affari vanno inevitabilmente male e che tra l'altro la discoteca vicina è ancora desolatamente chiusa, il locale dell'imprenditore milanese rimane serrato anche in vista dell'estate. E lo è tutt'ora. «Non è certo stata una scelta a cuor leggero - sottolinea Scalise -, piuttosto siamo stati costretti dalla situazione disastrosa. Siamo chiusi per pandemia. Ma continuiamo a pagare le spese, l'affitto, le utenze. Oltre ad avere anticipato la cassa integrazione ai dipendenti».

La Camera di commercio, nei casi come questo, prescrive l'obbligo di comunicazione. Una disposizione che in tempo «di pace» è più che sensata. «Ma non durante la pandemia - continua l'esercente -, non volendo l'ho omesso e chissà quanti come me... In quel momento era l'ultimo dei miei pensieri. Poi però a ottobre, per scrupolo, ho avvertito che non avevo riaperto. In caso contrario neppure se ne sarebbero accorti». Da qui la contestazione del ritardo e la multa. «Prima mi costringi a tirare giù la serranda e poi mi sanzioni? Non discuto che sulla carta ho sbagliato, ma lamento la mancanza di sensibilità dell'istituzione. Così si alimenta il risentimento sociale». Scalise ha protestato alla Camera di commercio cittadina, chiedendo che si rimediasse a una regola che in questo momento appare punitiva, soprattutto per i commercianti che non riescono già più a far quadrare i conti. «Mi è stato risposto che così dice la legge...

Ora sono proprio arrabbiato».

Commenti