Economia

Chiudono 70mila negozi. Così le città sono meno sicure

Confcommercio: in 10 anni giù il 12% di saracinesche. E ad aprire sono gli stranieri. Sangalli: una patologia

Chiudono 70mila negozi. Così le città sono meno sicure

Il commercio cambia e non è un bene per le città. Un numero impressionante di negozi al dettaglio negli ultimi dieci anni ha chiuso i battenti, soprattutto nei centri storici delle città medio piccole. In parte botteghe e boutique del passato sono state sostituite da ristoranti e alberghi, avamposti del turismo che resta una componente fondamentale della nostra economia, e da esercizi aperti da cittadini stranieri. Ma le saracinesche abbassate lasciano un vuoto che non si può misurare solo nel suo impatto sull'economia.

I «negozi di vicinato, pubblici esercizi, attività turistiche e servizi», spiega Confcommercio «rappresentano anche un presidio fondamentale per alleviare la tensione sociale e il diffuso senso di insicurezza e per ricucire il legame tra persone, luoghi e imprese». Meno negozi significa meno sicurezza e meno comunità, insomma. «Città con sempre meno negozi sono ormai una patologia, soprattutto per la concorrenza del commercio elettronico e il perdurare della crisi dei consumi», spiega il presidente Carlo Sangalli.

I dati della principale confederazione del commercio danno conto di questo cambiamento drammatico. Dal 2008 al 2019 l'Italia ha perso quasi 70mila negozi, una diminuzione del 12% in dieci anni. Sono gli esercizi «al dettaglio in sede fissa». Poi gli ambulanti, che nello stesso arco di tempo sono scesi di 14mila unità (-14%). In compenso sono cresciuti alberghi, bar e ristoranti: 50mila in più rispetto a dieci anni fa. Tendenze più evidenti nei centri storici dove il commercio al dettaglio ha subito una contrazione del 14,3 per cento. Ne centri sono scomparse ferramenta, mobili, giocattoli e, tristemente, le librerie. Boom per farmacie e parafarmacie (+40,6%) e, un po' a sorpresa, una forte crescita di negozi di computer e telefonia (+25,6%).

Tra i macro trend del Commercio spicca il boom delle imprese gestite da stranieri, aumentate tra il 2012 e il 2019 del 27,1%, con un aumento degli occupati non italiani del 41,4. Sono 530mila rispetto a 4,2 milioni di italiani. Un lavoratore straniero su cinque è occupato nel commercio.

Tornando alle chiusure nei centri storici non tutte le città subiscono la stessa sorte. Confcommercio ne individua alcune, dove i centri storici hanno riguadagnato vitalità, ad esempio Pisa e Siracusa, Lecco, Varese. Tra i comuni a rischio declino commerciale, Perugia, Ancona, Biella, Genova, Salerno, Trieste e Gorizia.

Ma le eccezioni non modificano quella che Sangalli definisce una «patologia». Serve «una piano nazionale per la rigenerazione urbana, per migliorare la qualità della vita dei residenti e per rendere i centri storici sempre più attrattivi». La confederazione dei commercianti cita il bonus facciate, appena varato dal governo. «Ma occorre anche un maggiore sostegno all'innovazione delle piccole superfici di vendita e soprattutto una riforma fiscale complessiva per abbassare le tasse e sostenere la domanda interna, che vale l'80% del Pil». Le città possono diventare volano di crescita o un'emergenza sociale.

E molto dipende da quanto il presidio del commercio riuscirà a resistere nelle città.

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