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Il cielo sotto il Duomo si colora di rossonero. L'amore per il presidente che ha insegnato ai tifosi a credere nel futuro

"Tutte le cose di cui mi occupo sono profane, ma il Milan è sacro". Silvio Berlusconi lo ripeteva spesso, e in questa frase non c'è nulla di profano

Il cielo sotto il Duomo si colora di rossonero. L'amore per il presidente che ha insegnato ai tifosi a credere nel futuro

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Il cielo sotto il Duomo si colora di rossonero. L'amore per il presidente che ha insegnato ai tifosi a credere nel futuro

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«Tutte le cose di cui mi occupo sono profane, ma il Milan è sacro». Silvio Berlusconi lo ripeteva spesso, e in questa frase non c'è nulla di profano.

Il calcio è gioia, entusiasmo, bellezza, spettacolo. «Il Milan deve vincere e divertire», fu la mission messa nero su bianco dal Cavaliere fin dai primi momenti della sua presidenza. Il pallone come un caldo abbraccio che unisce tifosi, società e calciatori. E ieri pomeriggio il popolo rossonero che si è affollato in piazza Duomo ha voluto regalare al proprio presidente per un ultima volta le stesse emozioni che il Diavolo ha regalato negli anni alla sua tifoseria. Arrivato il feretro sul sagrato, il silenzio quasi irreale che avvolgeva la piazza è stato rotto da un canto dell'anima. «Un presidente, c'è solo un presidente». Bandiere rossonere che sventolavano, erano almeno in 500 i ragazzi della Curva Sud a gridare, ma il cuore che batteva era uno soltanto. E in quell'ultimo saluto non c'era nulla di fuori posto. C'erano gli stessi cuori che hanno palpitato per i gol di Van Basten, Weah e Shevchenko; gli stessi cuori colmi di gioia dopo le finali europee di Barcellona, Vienna e Atene; gli stessi cuori che hanno salutato - era il giugno dello scorso anno - Berlusconi affacciatosi dalla terrazza dell'Arengario per festeggiare lo scudetto di Pioli. Non era più il suo Milan, ma era ancora il suo Milan. E suoi tifosi non l'hanno mai dimenticato.

Sacro e profano non si sono sfidati ieri pomeriggio in piazza del Duomo. Si sono uniti, si sono mescolati perché anche l'ultimo saluto al Cavaliere diventasse un inno alla gioia. Entusiasmo e commozione, come in fondo era il suo Milan. Martedì ad Arcore i tifosi della curva erano sfilati in un corteo silenzioso concluso con la deposizione di alcune rose di fronte al cancello di Villa San Martino. Ieri hanno voluto farsi sentire. «Un presidente, c'è solo un presidente», chissà quante volte Berlusconi ha sorriso a quel coro. Lui che con il Milan è diventato il presidente più vincente della storia, lui che ha preso il calcio per mano e l'ha proiettato nel futuro - prima con Sacchi, poi con Capello, quindi con Ancellotti -, lui che dovette cedere la società dopo trent'anni di presidenza e fu anche allora una questione di cuore. «Ho acquistato il Milan per amore. Lo cedo per un atto d'amore ancora più grande», scrisse.

Amore e passione, gioia e lacrime. Cori e applausi hanno scandito i momenti più toccanti della cerimonia. Fino a quell'appello di un popolo che non lo dimenticherà mai: «Intitolate a Silvio Berlusconi il nuovo stadio del Milan».

«Un presidente, c'è solo un presidente».

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